martedì 9 marzo 2010

Giornalista iraniano capro espiatorio

Sono rimasta sconvolta dalla notizia dell'arresto di Hamid, un giovane e attivissimo giornalista iraniano che ho conosciuto e da cui sono stata intervistata in occasione di eventi culturali e politici. Dove avrebbe trovato il tempo Hamid di fare qualcosa di diverso dal suo lavoro dato che era sempre in attività con la sua macchina da presa? Hamid mi ha colpito fin dalla prima volta che l'ho visto per il suo aspetto mite e gentile, le accuse che gli sono state rivolte sono sicuramente una montatura e il suo arresto ha dietro motivazioni che vanno al di là della sua persona. Spero solo che sia liberato al più presto e che possa tornare al suo lavoro. Il suo arresto mi rende estremamente triste e preoccupata, non solo per lui ma per come stiamo scivolando in questo paese verso un baratro che nessuno sembra vedere.

Un giornalista iraniano è la prima vittima del coinvolgimento dell'Italia nella guerra contro l'Iran?
La vicenda che ha portato in galera nove italiani e due iraniani per traffico internazionale di armi, appare una forzatura funzionale alla guerra diplomatica tra Italia e Iran . Quanto c’entrino le tensioni tra il governo italiano e l'Iran in questa vicenda è - al momento - testimoniato dal fatto che il "traffico d’armi" è rappresentato da ben poca roba rispetto a quello a cui ci hanno abituati i veri trafficanti di armamenti che in Italia sono riusciti a far abrogare la Legge 185.
Sono molti gli interrogativi rispetto al materiale ritrovato e alla consistenza dei fatti contestati agli arrestati . Da come Magistrati e Guardia di Finanza hanno tratteggiato i contorni dell’operazione, c'era da aspettarsi il ritrovamento di una vera e propria santabarbara e pagine e pagine di intercettazioni telefoniche con frasi scottanti e dal senso inequivocabile .
Al momento non è stato reso noto niente di tutto questo. A finire in cella con l’accusa di essere il capo di questa temibile cellula dei servizi segreti irarniani è Hamid, un giornalista iraniano che vive e lavora da 17 anni in Italia . Hamid è stato prelevato dalla Guardia di Finanza in via dell’Umiltà vicino alla sede della stampa estera dov’è accreditato e apprezzato da molti. Chi lo ha conosciuto - e sono parecchi visto il suo iperattivismo - fatica pareccchio a vederlo nei panni del super agente o del capo cellula, sicuramente è una instancabile mente giornalistica. Basta visitare il sito in italiano della televisione iraniana IRIB e si rimane colpiti dalla mole di lavoro che pochissime risorse e pochi redattori sono in grado di fare. E’ stata forse la capacità di stare nella notizia di questa TV e del suo corrispondente in Italia, bravi nel portare le cronache politiche e sociali italiane nelle case iraniane e non solo, la vera colpa di Hamid? E’ il caso di rammentare che è stata la IRIB TV poco tempo fa a mandare su tutte le furie il Ministro Frattini dicendo che la politica italiana è sottomessa ai diktat israeliani? Una affermazione su cui diventa assai difficile dimostrare il contrario dopo le genuflessioni del Presidente del Consiglio Berlusconi a Tel Aviv. La tensione tra Italia e Iran sta salendo pericolosamente e l'arresto di Hamid serve a metter benzina sul fuoco.
Questa operazione è purtroppo un segnale che la guerra contro l’Iran è già iniziata e che l'Italia ne è già pesantemente coinvolta. Vogliamo solo auspicare che Hamid esca presto da questa brutta vicenda e non ne sia la prima vittima. Allo stesso tempo vogliamo augurarci che i giornalisti italiani non si facciano intimidire da una operazione politico-giudiziaria che per ora ha mostrato molti aspetti del grottesco. Chiediamo la fine di questo clima di guerra e ostilità che l'establishment italiano in maniera pressochè uniforme manifesta nei confronti dell'Iran.
Marco Benevento; Sergio Cararo; Marco Santopadre; Stefania Limiti; Enrico Campofreda; Enzo Apicella; Maurizio Musolino; Mila Pernice; Pino Nicotri

2 commenti:

Andrea ha detto...

Per la Procura di Milano, dietro alla maschera del corrispondente da Roma della radio-tv iraniana Hamid Masoumi Nejad si nasconde invece un pericoloso agente dei servizi segreti del regime di Teheran. Anzi, dalle intercettazioni telefoniche il suo appare proprio un ruolo chiave nella spy story. Era lui a trattare direttamente con un gruppo di imprenditori italiani «l’acquisto e materiale di armamento “dual use”: equipaggiamento civile che viene trasformato da chi lo utilizza in materiale bellico». Se no, dal ministero della Difesa iraniano non gli sarebbero giunte quelle telefonate di fuoco, dicono gli inquirenti. Si lamentavano precisamente con lui, come se ne fosse il responsabile, del ritardo nelle spedizioni e gli sollecitavano l’invio del materiale, lo spingevano perfino ad attivarsi per sbloccare le procedure doganali. Tutte attività a cui la professione di giornalista, anche se impegnato nel sostegno del governo di Mahmoud Ahmadinejad, faceva in sostanza da paravento. È un’emittente del regime degli ayatollah, la Irib - Islamic Republic Iran broadcasting. Del resto l’informazione indipendente, da quelle parti, non esiste. Gli spazi di libertà concessi dall’Italia, Masoumi tentava di sfruttarli fino in fondo, comunque, anche a scopo propagandistico. Asservite alla causa della rivoluzione iraniana, le reti televisive della Repubblica sciita sono un mezzo privilegiato per la diffusione di documentari antisemiti e di esaltazioni della potenza militare in cui si celebra Giornata nazionale della Tecnologia nucleare. Gli spazi riservati all’opposizione si limitano alla trasmissione di processi pubblici e confessioni in diretta dei “nemici dell’islam”. 51enne, sposato con una connazionale che lavora presso l’ambasciata iraniana a Roma, il giornalista-007 era da diverso tempo sottoposto a una discreta sorveglianza del controspionaggio italiano. Forse nel tentativo di mostrare che non aveva nulla da nascondere, si faceva pure, imprudentemente, notare. Anche il 17 aprile scorso, a margine di una conferenza stampa alla Farnesina, aveva scatenato una gazzarra sostenendo di non aver potuto porre una domanda sulle armi nucleari in possesso di Israele. Un pacifista, all’apparenza, che per non doversi pronunciare sull’arsenale che andava smerciando, reagiva su Pandora TV ricordando i «bambini uccisi da Israele». Per loro, non per le bandiere bruciate, dovrebbe indignarsi l’Occidente, spiegava con voce sommessa e pacata in un’intervista ancora oggi rintracciabile su youtube. Mentre nel suo Paese i partecipanti ai cortei dipinti di verde, che esigevano democrazia, subivano la violenza dei bassiji, e i suoi colleghi che tentavano di narrare gli avvenimenti venivano arrestati, l’estate scorsa Masoumi andava in giro per Roma a documentare le proteste no global contro il G8. Soltanto pochi giorni fa il regista suo connazionale Jafar Panahi è finito dietro le sbarre perché stava realizzando un film sulle proteste post- elettorali nel suo Paese senza essere «autorizzato » dal regime.

Miryam ha detto...

Ma come sei informato! Se le tue informazioni sono attendibili come quelle dei padri o madri che mandano i bambini a tirare sassi allora c'è da prenderle proprio sul serio!
Ripeto! Falla finita!
Ripeto! Vattene fuori dal mio blog oppure fai dei commenti più seri e meno propagandistici, non se ne sente proprio il bisogno.
miryam