mercoledì 10 marzo 2010

La desolazione di Gerusalemme

“Una volta la giustizia stava di casa a Gerusalemme, ora i coloni.”

di Avraham Burg

Gerusalemme più grande e unificata sta venendo fatta a pezzi. La capitale degli israeliani – ebrei e arabi – si sta trasformando nella capitale di fanatici allucinanti e pericolosi. Non è la città di tutti i suoi residenti, neppure la città di tutti i suoi cittadini. E’ una misera città che appartiene ai suoi coloni, ai suoi ultra-ortodossi, ai suoi abitanti violenti e ai suoi messia.



Il Profeta chiese,”Come mai la città devota è diventata una prostituta! Lei che era colma di giustizia, l’adesione ai principi morali albergava in lei, ora lo è invece di assassini.” (Isaia 1:21) In questo luogo non avevamo avuto ancora degli omicidi, ma ogni giorno qui l’anima della nazione muore, proprio davanti ai nostri occhi. Lo spirito israeliano di giustizia viene fatto procedere calpestato da politici, coloni e giudici. Si sta uccidendo lo spirito nazionale con eccesso di burocrazia e burocratica indifferenza.

Si, la capitale del popolo ebraico – quel popolo che aveva sempre giurato di non fare agli altri ciò che non si sarebbe dovuto fare a lui – è diventata una prostituta. Moralmente sfrenata, emotivamente bloccata. Viene manipolata dai suoi pastori per il loro tornaconto ed è piena di leggi – tutti fanno causa a tutti, nascondendosi dietro alle leggi dell’ingiustizia. E i giudici – come se fossero costretti – emettono sentenze in conformità con leggi discriminatorie, fatte esclusivamente a favore del “popolo eletto”. Nel passato la giustizia era di casa qui. Ora lo sono i coloni, gli assassini dello spirito della nazione. E nessuno pronuncia una parola, se non fosse per pochi patrioti. Il popolo della verità e della moralità che si rifiuta di restarsene a guardare mentre lo stato dei profughi ebrei frequentemente getta in strada famiglie palestinesi e consegna le loro case infelici a barbuti e blasfemi delinquenti.



Questo popolo dell’integrità è rappresentato dalle persone di sinistra di Gerusalemme, che sono passate attraverso innumerevoli scontri con i matti della “sindrome di Gerusalemme”. Essi conoscono sin troppo bene la brutta verità della città, i suoi terribili ragazzi, e non si volteranno più dall’altra parte. Essi si sono impegnati di fermare con il loro corpo i bruti portatori di fiaccola che tentano di darle fuoco.



Nessuno guida ora la città e nessuna salvezza le verrà dal leader eletto del paese. Sheikh Jarrah è al di là della conoscenza del sindaco Nir Barkat e del primo ministro Benjamin Netanyahu, come se il caos non avesse a che fare con loro, come se stesse capitando in Sudan o a Tehran. Ed in assenza di una guida dello stato, e del blocco per la pace, i nostri figli hanno assunto su di sé la responsabilità, e hanno scrollato di dosso l’indifferenza e la disperazione che ci hanno portato fin qui. Il cerchio si sta espandendo ed è pieno di vita, di rabbia e di speranza. L’umanesimo israeliano è rinato a Gerusalemme est. Noi ci siamo nel caldo dell’estate e sotto le piogge invernali, urlando e chiamando gli altri a radunarsi intorno, alla ricerca di entrambe, sia dello Shabbat che della pace. Noi non indietreggeremo di fronte ai poliziotti violenti o ai molestatori dalle teste calde. Ci siamo e ci impegniamo: Non staremo in silenzio mentre Ahmad e Aysha dormono in strada, cacciati dalla loro casa, che è divenuta proprietà dei coloni. Questa è giustizia? Non per noi! Questo è diritto? No, è solo ribalderia.

Gerusalemme si sta svuotando più velocemente di qualsiasi altra città al mondo. Dapprima hanno abbandonato la nave i suoi residenti di sinistra facoltosi, poi i suoi moderati, seguiti dagli adulti laici e dai giovani. Molto presto non ci resterà nessuno pronto ad andarsene e la città rimarrà completamente sola. Le fonti di luce si stanno estinguendo, impedite da raggi di oscurità.

Per quanto tempo, signor Primo Ministro e signor Sindaco? A perché voi, giudici di Israele, collaborate con il male che minaccia di distruggerci? Venite con noi, tornate al giudaismo del “Non rubare “ e “Non uccidere”. Lasciate subito Sheikh Jarrah!
(tradotto da mariano mingarelli)

3 commenti:

Andrea ha detto...

Ecco un interessante articolo sulla polemica per Silwan, di Ha’aretz (10.03.10), che riporto per intero:

Silwan è un quartiere violento e degradato. Chiunque vi capiti per errore (giacché difficilmente una persona assennata vi andrebbe di proposito) se ne accorge immediatamente, anche solo dagli sguardi a dir poco ostili di bande di residenti che evidentemente non hanno assimilato i loro famosi valori di ospitalità né il messaggio del nostro Patriarca Abramo. E si potrebbe lasciar correre, se fosse solo questo. Ma c’è dell’altro.
Infatti, se si considerano con attenzione le ottantotto case del quartiere intorno alle quali è scoppiata la polemica del Giardino del Re, non si trova una sola di esse che sia stata costruita con regolare licenza edilizia. Neanche una licenza retroattiva.
A un certo punto è arrivato il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat. Di tutti i sindaci che hanno declamato slogan esagerati, proprio l’imprenditore high-tech che pareva privo di un vero programma è stato quello che, senza cerimonie né fanfare, ha raccattato questa mina per e ha deciso di disinnescarla. In base al suo piano (che prevede la creazione di un nuovo parco nazionale archeologico attrezzato), sessantasei case del quartiere attraverseranno un iter che culminerà nel rilascio di una licenza edilizia a titolo di condono. Potranno così avvantaggiarsi dello sviluppo commerciale dell’intera area, della costruzione di nuove infrastrutture e di edifici pubblici, del miglioramento di strade e sistema fognario: tutte cose che non avevano mai ricevuto sotto le precedenti amministrazioni. Inoltre l’impresa turistica che verrà lanciata nell’area migliorerà lo standard di vita generale. Così tre quarti degli abitanti del quartiere riceveranno una ricompensa a cui non avevano titolo. Se si dovesse semplicemente applicare la legge, la sorte di tutte queste case dovrebbe essere la stessa degli edifici costruiti, per esempio, negli avamposti illegali in Cisgiordania: le demolizione.
Un quarto delle case del quartiere, in numero di ventidue, saranno effettivamente demolite. Ma gli abitanti riceveranno l’autorizzazione a costruire nuove abitazioni su altri lotti di terreno a poca distanza. Di nuovo, una ricompensa a cui non avevano titolo. Certo, dovranno pagare per le nuove costruzioni. Ma bisogna tenere presente due fatti. Primo, il valore delle nuove case sarà significativamente più alto di quello di case illegali su cui pende un ordine di demolizione. Secondo, questa gente ha violato la legge: per legge queste case dovrebbero essere demolite, punto e basta.
(...segue...)

Andrea ha detto...

(...segue...)

Molti abitanti del quartiere hanno accolto con soddisfazione il piano, anche se non lo dicono pubblicamente, perché comporta per loro parecchi vantaggi, soprattutto economici. Ma subiscono pesanti pressioni da parte del Movimento Islamico, il cui interesse è quello di sabotare qualunque progresso positivo in tutta la parte est di Gerusalemme, giacché è suo interesse dimostrare mancanza di autorità di Israele e l’irrimediabile “divisione” della città. Così, ad esempio, quando la municipalità aveva cercato tempo fa di sviluppare un parcheggio nel quartiere in coordinamento con gli abitanti, i lavori si sono bloccati dopo che il Movimento Islamico ha affittato e recintato il terreno.
E così, quando finalmente è arrivato un sindaco coraggioso, uno che agisce a vantaggio di tutti e che non cerca di occultare le cose come i suoi predecessori, che demolivano pochi edifici ai margini del quartiere ma chiudevano gli occhi su decine di migliaia di case costruite senza licenza, ecco che improvvisamente tutti i critici di Israele sono saltati in piedi a si sono messi a strillare. Perché? Perché qualche “portavoce” palestinese che bazzica per le strade di Silwan ha detto che il piano è cattivo. E così, anziché indagare e riflettere e capire che si tratta di un progetto positivo e coraggioso, un vero piano di recupero e rilancio di un quartiere degradato che apporterebbe vantaggi anche agli abitati arabi, è molto più semplice fare il copia-e-incolla delle accuse: sempre e solo il copia-e-incolla.

(Da: Ha’aretz, 10.3.10)

Anonimo ha detto...

Prima di tutto, il piano del tu0 esimio sindaco è lo stesso da 60 anni in qua, cioè cacciare i palestinesi, ma guarda un pò dovrebbero essere anche contenti di vedersi demolita la casa e di doverne pagare un'altra fuori dalla città, e quando mai vengono concesse licenze di costruire ai palestinesi? Illegali siete voi e tutte le porcherie che andate raccontando piene di calunnie, di menzogne e di ipocrisia, ma spiacente per te e tutti gli altri difensori dell'apartheid e dell'occupazione-colonizzazione israeliana, le fette di salame dagli occhi della gente cominciano a cadere
Bruno