mercoledì 28 settembre 2011

Incontro di Firenze: risvolti e prospettive del riconoscimento dello stato palestinese

L'INIZIATIVA DI SETTEMBRE ALL’ONU PER IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE:
RISVOLTI E PROSPETTIVE

Intervento di Marco Ramazzotti Stockel

23.09.2011

Le argomentazioni di un ebreo

Sono ebreo. Faccio parte della rete Ebrei contro l'Occupazione israeliana e della rete Ebrei europei per una pace giusta. Vi parlerò con argomentazioni da ebreo, ma dichiarando subito che rappresento solo me stesso.

Perché uno Stato di Israele? I sionisti sostengono che Israele é la linea di difesa ultima degli ebrei contro le persecuzioni. Capisco le ragioni dei sionisti: la paura delle persecuzioni sono una fetta del nostro DNA ebraico. Chi non vorrebbe fuggire l'incubo del dolore e delle persecuzioni razziali? Da ebreo, capisco le paure ma non accetto le soluzioni.

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Cosa non mi permette di condividere il sogno sionista? Vi riporto alcune parti di un discorso di un rabbino.

“E' precisamente perché siamo ebrei che stiamo manifestando con i Palestinesi. La nostra Torah ci obbliga ad essere giusti. Siamo obbligati a perseguire la giustizia. E cosa c'è di più ingiusto del programma del movimento sionista, in atto da un secolo, di invadere le terre di un altro popolo, di espellere la gente ed espropriarla dei suoi beni ?...... La Palestina era una paese appartenente ad un popolo. Un popolo che stava sviluppando una consapevolezza nazionale. Per noi non vi è alcun dubbio che se i profughi ebrei fossero arrivati in Palestina non con l'intenzione di dominare, ...... di spogliare i palestinesi dai loro diritti fondamentali, essi sarebbero stati i benvenuti dei palestinesi, godendo della stessa ospitalità che popoli musulmani avevano offerto agli ebrei durante il corso della storia.”

Il Rabbino ci esorta a ricordarci dei nostri valori, giustizia, misericordia, umanità, il nostro dovere di difendere chi ha sofferto e soffre.

I Palestinesi soffrono oggi quello che hanno sofferto per secoli gli ebrei.

La propaganda sionista afferma che gli arabi sono i nemici millennari degli ebrei. E' un'affermazione grave, smentita dalla storia: dopo la cacciata da Spagna e Portogallo, gli ebrei hanno avuto due opzioni: emigrare nel mondo cristiano o nel mondo arabo. La storia degli ebrei nell'Occidente cristiano é un susseguirsi di pogroms, stragi, roghi, persecuzioni, e termina con la Shoa. Quella degli ebrei nel mondo arabo – musulmano é una vita integrata nel mondo che li aveva ospitati, dalla metà del 1300 al 1947, cioé più di 600 anni, senza disgrazie e senza tragedie.

Dice ancora il rabbino:

“A tutta l’umanità viene detto dagli esponenti di questo stato che Israele rappresenta gli ebrei. Quest’affermazione è insensata. ….. Coloro che si sono resi colpevoli di gravissime crudeltà nei confronti dei palestinesi non possono rappresentare un popolo misericordioso. …....... Siamo chiamati dal nostro Creatore ad essere leali ai paesi del nostro esilio ed a comportarci in buona fede con tutti gli uomini. Il sionismo è una deviazione di proporzioni nefaste che trascina le sue vittime in conflitti infiniti con altri popoli ...........Occorre chiedere scusa al popolo palestinese, in modo chiaro e preciso. Il sionismo Vi ha fatto un torto. Il sionismo Vi ha rubato le Vostre case. Il sionismo Vi ha rubato la Vostra terra. Facendo queste dichiarazioni, noi dichiariamo davanti al mondo che siamo il popolo della Torah, che la nostra religione ci obbliga ad essere onesti e a comportarci con equità, ad essere giusti, fare del bene ed essere gentili. …................

Mi dicono gli ebrei religiosi (e anche gli ebrei non religiosi), che lo Stato d' Israele esiste perché Dio ha dato la terra di Palestina agli ebrei. Netanyahu ha detto, qualche giorno fa, che gli israeliani hanno diritti che rimontano a 4.000 anni. Infatti: vivevano accanto ai Filistim, ai Palestinesi. Anche i Palestinesi hanno diritti che rimontano a 4.000 anni. Lo dice la Bibbia. Il Dio dei greci ha dato la terra ai greci. Gli Dei romani hanno dato la terra ai romani. Il Dio degli Ebrei ha dato la terra agli ebrei. C'é da stupirsi? In una concezione della religione più adeguata ai nostri tempi, direi che nessun Dio può dare la terra ad un popolo e rifutarla ad un altro. Ma é inaccettabile che la neo-colonizzazione della Palestina sia giustificata dalle parole di Dio.

Io vorrei solo aggiungere che non accetterò mai che un palestinese debba soffrire per un ebreo o per me. I palestinesi sono i miei fratelli.

Non accetterò mai che Israele mi rappresenti perché io sono italiano, europeo. Da militare, oltre che da cittadino, ho giurato fedeltà alla bandiera italiana. La mia difesa, in quanto minoranza religiosa, non sarà mai un altro paese, Israele. Non accetto doppie lealtà. La mia difesa é la lotta, nel mio paese, per la democrazia e per la difesa della Costituzione Italiana. Viva la Repubblica e la Costituzione Italiana!

E' mio diritto e dovere di ebreo italiano di criticare la pulizia etnica e le politiche militaresche, inumane e contro la pace di Israele e di chi lo appoggia, perché minacciano la mia pace, la pace dei Palestinesi, la pace nel Mediterraneo e sono una minaccia per tutti gli ebrei. Israele minaccia con l'arma atomica il MO ed il mondo.

Non posso accettare che la Shoa', l'Olocausto sia usato per ottenere l' impunità e l' assoluzione per le politiche abiette di cui si é lordata la classe dirigente sionista. L'Olocausto ci impone di denunciare i crimini d'Israele e la persecuzione dei Palestinesi. La soluzione finale degli ebrei in Europa é iniziata proprio con discriminazioni e persecuzioni simili a quelle fatte ai Palestinesi. Il muro intorno ai Territori Occupati mi ricorda sinistramente il muro intorno al Ghetto di Varsavia.

Ma un numero sempre crescente di ebrei non può più accettare la propaganda israeliana. Non sono anti-semiti i critici delle politiche Israeliane, non può essere anti-semita il rabbino che citavo, non sono anti-semita io, che sono ebreo. Sono le politiche del sionismo e dello Stato di Israele che provocano l'esacerbarsi dell'anti-semitismo in tutto il mondo.

Politiche italiane

Ho lavorato per molti anni nel PCI e nella CGIL. Ho partecipato ai funerali di Berlinguer: lì, Arafat fu applaudito come Pertini (il nostro grande, indimenticabile Presidente Pertini). Una ovazione incredibile, impressionante, memorabile.
Ma come é cambiato il mio mondo! Chi avrebbe dovuto ereditare la cultura del PCI é oggi un partito pro-sionista.
Ma debbo anche ricordare la decisione di D'Alema di inviare il nostro Esercito in Libano per bloccare minacce di guerra legate a possibili sconfinamenti israeliani o siriani in Libano. D'Alema in questo ha seguito l' esempio di Pertini. Pertini mandò i nostri militari a difendere i palestinesi dopo i genocidi di Shabra e Shatila.
Se le missioni in Iraq e in Afganistan sono deprecabili perché politicamente, strategicamente, umanamente sbagliate, le nostre missioni a difesa dei Palestinesi sono per me motivo di orgoglio e di soddisfazione politica.
Oggi, ovviamente, la Lega e il PdL chiedono il ritiro dei nostri militari dal Libano. Loro, dove c'é bisogno di militari per difendere la pace, come in Libano, li tolgono. Dove far guerra, Iraq e Afganistan, é contro i nostri interessi strategici, i militari li aumentano. Con i governi Berlusconi abbiamo perso il nostro rapporto con il mondo arabo e con i Palestinesi per privilegiare quello con gli USA e Israele.
Berlusconi, dopo aver dichiarato la superiorità del mondo Occidentale cristiano su quello musulmano, dopo aver difeso BenAli di Tunisia, Mubarak di Egitto, Ghaddafi di Libia, e Ruby del Marocco, oggi non coglie nulla della Primavera Araba e non appoggia il riconoscimento dello Stato di Palestina.

La situazione nel mondo arabo dopo la “primavera”

Intanto, per darci la dimensione della lontananza dell' attuale governo Italiano dai problemi reali, ricordo che

- tutti i paesi che hanno partecipato direttamente o indirettamente della “Primavera Araba” avevano governi che mantenevano rapporti con Israele in contrapposizione ai sentimenti delle loro popolazioni. Questi governi sono stati cacciati o hanno cambiato o stanno cambiando politica nei riguardi di Israele. Stiamo assistendo alla disgregazione di un ordine regionale, plasmato dall’Occidente, che è durato a lungo, ma che è ora sull’orlo del collasso.

- Israele. Anni di lavoro diplomatico per far accettare Israele in MO crollati in pochi giorni. Israele ha perso i suoi principali due alleati nella regione, Egitto e Turchia e rischia di perderne altri e di importanti. Dopo le rivolte arabe, Israele avrebbe dovuto rilanciare il processo di pace, fermare almeno gli insediamenti. L’ha affermato anche Obama: un avvertimento che Israele non ha preso seriamente. Come ha detto Gates, il precedente Ministro della Difesa americano, Netanyahu non solo é un ingrato (verso gli USA), ma mette in pericolo il suo paese rifiutandosi di fare i conti con il crescente isolamento di Israele e con le sfide demografiche. Gli USA non sono pronti a premere realmente su Israele per indurla a concrete concessioni sulla questione palestinese, ma Israele deve riconoscere crescenti attriti con l'amministrazione Obama, cosa non da poco. La strategia di Netanyahu, nel medio-lungo periodo, si rivela autodistruttiva. Ne è convinto perfino l'ex capo del Mossad, Meir Dagan, che ha recentemente invitato il suo governo ad accettare l'iniziativa di pace saudita del 2002, a promuovere un'iniziativa verso i palestinesi e soprattutto a lasciar perdere ogni piano di attacco verso l'Iran. Dagan non è solo, ma riflette un consenso crescente negli apparati di sicurezza, sempre più preoccupati dalla divaricazione tra gli interessi elettorali della destra al governo e quelli nazionali (e riconosciuti al livello bipartisan) di più lungo periodo. Israele e la marcia del milione di persone. Israele é paese profondamente diviso Non ci può essere Stato sociale in Israele mentre la guerra continua. Per le scuole, gli ospedali, le case, i servizi sociali i fondi non possono che arrivare dal bilancio delle FFAA e degli insediamenti. Nelle colonie sono investite somme immense. Gli insediamenti rappresentano l'ostacolo politico ed economico principale alla pace e allo Stato sociale. Porre fine al conflitto é la precondizione per ogni tentativo di trasformare Israele in uno Stato sociale. Non ci può essere sviluppo con l'apartheid: la società Agrexco, israeliana, e la società Veolia, francese, sono tra le prime vittime del movimento BDS, Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni.

- gli USA, grazie ad Israele, si sono indeboliti e hanno perso credibilità nella regione. Obama, l'Obama del premio Nobel, rinuncia alla pace in MO per la sua rielezione, per le sue ambizioni. Gli USA hanno una politica profondamente contraddittoria. Difendono duramente Israele, ma quando Israele oltraggia i suoi vicini, Turchia ed Egitto, reagiscono debolmente. Difendono i movimenti della “primavera araba” in Tunisia, Egitto, Libia, Siria ma si oppongono al diritto di autodeterminazione dei Palestinesi. Hanno finito per accettare la politica degli insediamenti Israeliana nonostante che Obama avesse chiesto la sua sospensione. Non sono stati in grado di bloccare l'ANP nel presentare la richiesta di riconoscimento all'ONU, ma minacciano di tagliare aiuti vitali all'ANP ( e quindi di perdere ulteriore credibilità in MO). Hillary Clinton ha annunciato che gli Stati Uniti appoggiano la soluzione dei due Stati e perciò alle Nazioni Unite si opporranno a qualsiasi voto che riconosca uno Stato palestinese. Affermano che la richiesta di riconoscimento alle Nazioni Unite debba essere subordinata alla ripresa dei negoziati. E' palese che non c'é legame tra le due cose, soprattutto quando Israele non negozia più neppure con gli USA. Dopo il voto alle Nazioni Unite, i leader israeliani e americani ci garantiscono che un voto simile comunque non farà alcuna differenza. Ma se le cose stanno davvero così, perché lo contrastano con tale accanimento? Gli USA delegittimano l'ANP, l'ONU (e gli Stati che sono rappresentati nell'Assemblea) e il diritto internazionale. Gli USA possono intervenire sui governi, ma, dopo la “primavera araba”, non hanno nessuna possibilità di parlare ai popoli. Hanno sempre meno potere e sempre meno autorità morale. Crescono le differenze tra USA e Israele nell'analisi delle minacce strategiche anche perché gli sviluppi e le tendenze politiche e sociali stanno modificando la politica di entrambi i paesi. E la crisi economica globale, per quanto tempo permetterà agli USA di essere i soli finanziatori di uno Stato in guerra con il mondo?

- la Turchia ha rotto i rapporti diplomatici e militari con Israele, ha cacciato l'ambasciatore israeliano, chiederà alla Corte Penale Internazionale dell'Aja che indaghi sulla legalità del blocco navale imposto da Israele a Gaza, sosterrà la richiesta di riconoscimento di uno Stato Palestinese alle NU, ha dichiarato che farà scortare dalle sue navi da guerra la prossima “Flotta per la Pace” per Gaza, il primo ministro Erdogan ha parlato della sua nuova politica verso Israele con i governi di Egitto, Libia e Tunisia (effetto trascinamento?) e ha minacciato di “visitare” Gaza.l'Egitto ha aperto il valico di Rafah e ha espulso l'ambasciatore Israeliano. Il popolo e i partiti politici parlano apertamente di nuova politica verso la Palestina. È un cambiamento radicale della politica egiziana nei confronti di Israele. Il trattato di pace “non è un libro sacro” ha detto il primo ministro dell’Egitto, Essam Sharaf.

- Giordania: rapporti gelidi con Israele. Il re Abdullah II, amico degli Stati Uniti, ha dichiarato che il veto americano non solo “isolerebbe ancora di più Israele” e gli USA, ma che porterebbe Israele a distanziarsi ancora di più dalle questioni che interessano la regione. Il personale dell'Ambasciata Israeliana é stato evacuato. Anche questo trattato di pace é ormai fragile.

- i Tunisini intendono affrontare il problema Palestina e non a vantaggio di Israele.

- il Libano é terrorizzato da una possibile ennesima invasione israeliana contro gli Hezbollah, contro i Palestinesi e per impossessarsi dei giacimenti di petrolio e gas.

- la Siria é in via di implosione, in uno scontro tra libertà e dittatura ma anche tra sciiti e sunniti.

- l'Algeria ha sempre vietato manifestazioni a favore della Palestina per accattivarsi gli stati pro-Israele. Ed ora, dopo la “Primavera Araba”, con immensi problemi interni, quanto può durare questa politica di chiusura verso la Palestina?

- i Libici? Vedremo, ma tolto il tappo “Ghaddafi” sarà difficile che il problema palestinese non influisca sugli sviluppi politici di questo paese. Il leader del Consiglio di transizione libico Mohammad Jibril potrebbe visitare la Striscia, su invito formale del governo di Hamas

- E al Qaeda? Ne parlo come riferimento di tutti i gruppi terroristi. Premetto che non ci può essere collusione alcuna con il terrorismo, qualunque sia la sua matrice. Ma una delle principali giustificazioni avanzate da Al Qaeda per il terrorismo é la violenza e l'apartheid israeliano contro i palestinesi. Togliamo la violenza e l'apartheid e contribuiremo a rendere inutile e ingiustificabile il terrorismo.

Sono abitualmente definite 'terrorismo' le azioni militari palestinesi, non quelle israeliane, o quelle ebraiche che hanno portato a costruire lo stato di Israele. Il terrorismo é israeliano e bastano tre parole per spiegare questo concetto: violenza generalizzata contro gli arabi e oppositori politici, apartheid e furto di terra e acqua.

- A tutto questo si aggiunge le pratiche dei Paesi Occidentali: dimenticarsi sistematicamente del diritto internazionale, fare come le tre scimmiette quando si tratta di Israele, stracciarsi le vesti se si tratta di palestinesi.

- Intanto in Europa e nel mondo i popoli continuano la lotta con il BDS, (Boicottaggio, Disinvestimenti e Sanzioni) e con la Flotta per la libertà di Gaza, di cui ho l'onore di aver fatto parte.

Asia, Africa, America Latina, Russia, Francia, tutto il Mediterraneo e tutto il mondo arabo vota per il riconoscimento della Palestina. E l'Italia perde ogni rapporto profondo con il Mediterraneo ed il mondo arabo. L'Italia e gli Italiani debbono riprendere il loro posto nel Mediterraneo, di cui sono parte, soprattutto dopo la primavera araba, e quindi debbono riconoscere i diritti sacrosanti dei Palestinesi.



Il riconoscimento

Israele. Ben-Gurion vedeva uno Stato palestinese indipendente come un pericolo mortale per Israele. Tutti i successori di Ben-Gurion hanno ereditato lo stesso dogma.

Il riconoscimento di Israele all'ONU nel 1947 era stata condizionata dalla accettazione della risoluzione 181 sulla divisione delle terre e ciò significa che Israele doveva ritirarsi nelle sue aree, e dall' accettazione della risoluzione 194, cioé dopo un anno dalla spartizione i profughi Palestinesi dovevano tornare alle loro case e terre. Jimmy Carter ci ricorda che nel 1978 furono firmati gli Accordi di Camp David che prevedevano l'accettazione della risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, in cui é dichiarata l'inammissibilità di acquisizione di territori a seguito di operazioni militari, il ritiro di tutte le forze militari e civili Israeliane dai Territori Occupati e la concessione della piena autonomia ai palestinesi.

Netanyahu, in discorso fatto meno di due anni fa, esprimeva sostegno alla soluzione dei due Stati. Oggi, di Stato palestinese non se ne parla. L'estrema destra israeliana vuol proseguire i 'colloqui' fino a che si è mangiata tutta la Palestina con la politica degli insediamenti. Oggi, Netanyahu dice che è disposto ad accettare un innalzamento dello status dell’ANP all’Onu ma non il riconoscimento di uno Stato palestinese. Un ministro israeliano ha dichiarato che dal 1947 i Palestinesi hanno sempre rifiutato i negoziati. E io chiedo: ma chi ha ucciso Rabin e perché? Sono passati 20 anni di negoziato senza alcun risultato per i palestinesi. O piuttosto: 20 anni di negoziati e di pulizia etnica, la colonizzazione, le divisioni tra palestinesi, il muro della vergogna, l'apartheid e la mattanza di Gaza. Le condizioni minime israeliane per accettare uno Stato Palestinese sono 1.nessun diritto al ritorno, 2.Stato smilitarizzato, 3.annessione dei insediamenti, 4.nessuna sovranità su Gerusalemme e sulla valle del Giordano, 5.nessun accordo tra ANP e Hamas: sono condizioni inaccettabili per qualsiasi palestinese e per noi democratici. Ci sono sionisti israeliani disponibili a prendere in considerazione l'ipotesi di uno Stato Palestinese per mantenere un po' più a lungo la maggioranza ebraica in Israele e non anche su territori dove gli ebrei sono in minoranza; è il criterio per cui Sharon uscì da Gaza e cercò di far togliere la Striscia dall'elenco dei territori occupati. Oggi

Israele non vuole perdere i tristi risultati dei negoziati di pace e teme una futura lotta popolare comune di palestinesi e israeliani. Sappiamo che 69 % degli Israeliani accetterebbe la decisione dell'ONU di riconoscere uno Stato Palestinese.



Palestina. La richiesta di riconoscimento sanziona la fine del cd processo di pace, o dei negoziati di pace, iniziati nel 1991. Questo fallimento é dovuto alle relazioni di potere diseguali tra Palestina e Israele (appoggiato da USA, Europa e regimi arabi) e alla strategia dell'ANP di costruire la pace sulla base delle richieste israeliane, dimenticando le priorità nazionali, cioé diritti nazionali palestinesi e unità del popolo, forse per un eccesso di real politik e di timore reverenziale verso gli USA.
La Palestina, in base alla Convenzione di Montevideo sui Diritti e Doveri degli Stati, ha tutti gli elementi costitutivi di uno Stato: popolazione stabile, governo, territorio delimitato, capacità di intrattenere rapporti con altri Stati. Non é indipendente. E' riconosciuta formalmente da 122 Stati. L'efficacia legale del riconoscimento all'ONU non dipende dalla fine dell'occupazione Israeliana – che é ritenuta illegale dalla maggior parte degli Stati. E' il diritto del suo governo a governare questo paese – diritto riconosciuto da tutti, anche da Israele – che compensa la mancanza di effettiva autorità sul territorio. Quasi tutti gli stati riconoscono alla Palestina il suo diritto all'auto-determinazione.
Ma il riconoscimento ha una sua principale giustificazione politica nei cambiamenti post “primavera araba”: nell'impossibilità di tornare politicamente indietro. La strategia del riconoscimento richiede all'ANP una nuova politica: distinzione tra Governo e partiti, partecipazione popolare e lotte non violente.
Inutile nascondercelo, anche i palestinesi sul tema del riconoscimento sono divisi.
Sul riconoscimento la popolazione palestinese (inclusa quella della diaspora) non é stata consultata. Tuttavia, in Cisgiordania e a Gaza, l’85% degli intervistati sembra essere a favore dell’iniziativa all’ONU.
I cisgiordani vorrebbero uno Stato, ma Abbas, OLP e ANP devono precisare però che tipo di Stato di Palestina vogliono costruire, se un’entità davvero sovrana o uno staterello senza alcun potere reale che finirebbe per legittimare l’apartheid.
Chi si oppone alla strategia del riconoscimento sono i critici dell'ANP e il Movimento Giovanile Palestinese , che ha perso di legittimità e di credibilità, accusata da alcuni gruppi di collaborazionismo con Israele.
Si oppone una parte dei palestinesi della diaspora. A trattare con Israele e l'ONU è la Autorità Palestinese, che ha autorità teoricamente nei territori occupati, in pratica solo in Cisgiordania: non a Gerusalemme (per volontà israeliana) ne' a Gaza; non rappresenta i palestinesi dei campi profughi, e neppure i palestinesi della diaspora, rappresentati in teoria dall'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, che è anni che non si riunisce e non vota rappresentanti. Il rischio immediato è che Abbas voti contro il ritorno dei profughi, che quindi potrebbero 'tornare' solo da dove non sono stati cacciati nel '48, vale a dire la Cisgiordania, dove già non c'è lavoro per i locali, e che quindi non può assorbirli.
Abbas ha dichiarato che vuole delegittimare l'occupazione durata 63 anni, non Israele. Vuole chiedere alla comunità internazionale di riconoscere lo Stato che è stato dichiarato nel 1988, la Palestina nei confini del 1967, con capitale Gerusalemme Est. Vuole l'unità con Hamas e Gaza. Vuole la fine degli insediamenti. Vuole ristabilire un processo di pace significativo e creare una discussione in seno alle Nazioni Unite sul conflitto dopo 20 anni di negoziati bilaterali che si sono rivelate fallimentari. Vuole spingere la comunità internazionale a guardare alle continue violazioni della legge internazionale perpetrate da Israele.



La Palestina all'ONU

La richiesta di riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’Assemblea generale dell’Onu, politicamente, che significa?
Già nel 2003 il piano di pace preparato dal “Quartetto “ (USA, Russia, Europa e ONU) e avallato dal Consiglio di Sicurezza chiedeva il riconoscimento di uno Stato Palestinese prima della conclusione dei negoziati con Israele sullo status finale.
Oggi e' probabilmente l' unica strategia che ormai resta possibile ai Palestinesi, dato il rifiuto Israeliano di negoziare con i Palestinesi su insediamenti e frontiere. La situazione attuale non é più sostenibile, e il permanere dell’attuale leadership palestinese non dovrebbe essere data per scontata, perché non può più sostenere l’attuale status quo. La comunità internazionale deve prendere sul serio la frustrazione in seno al popolo palestinese. Il carattere di Stato che la Palestina assumerebbe, darebbe al governo palestinese più consistenza e autorità nel possibile negoziato in quanto Israele e Palestina avrebbero lo stesso status. Questo maggior peso della Palestina e l’appoggio alla Palestina da parte della comunità internazionale impedirebbe l’arbitrarietà con la quale Israele ha condotto i rapporti con i palestinesi, pur senza nulla togliere alle ragioni di Israele e ai suoi obiettivi negoziali. Non è vero che la mossa palestinese è una mossa unilaterale che mette a rischio il processo di pace. Il processo di pace è stato definitivamente ucciso dallo sciovinismo di Netanyahu e dalla debolezza e dall'ambizione di Obama.
Israele vuole evitare che la questione palestinese finisca in contesti multilaterali, come l’ONU, dove i principi del diritto internazionale giocano a suo sfavore e c’è una netta maggioranza a sostegno dei palestinesi. Inoltre, un riconoscimento internazionale dei confini del 1967 come base per la creazione di due stati, sarebbe fonte di forte imbarazzo per Israele, visto che più di 500.000 israeliani, i coloni degli insediamenti, vivono dal lato palestinese di quei confini.

Per essere adottata dall’Assemblea generale, la risoluzione palestinese deve essere approvata da almeno due terzi degli stati membri dell’Onu - ossia 129 paesi.
Gli unici paesi ad aver pubblicamente espresso la loro contrarietà all’iniziativa palestinese sono il Canada, l’Italia, la Germania, l’Olanda, gli Stati Uniti e Israele. L’UE ha da sempre seguito una politica che avrebbe dovuta portarla a riconoscere lo stato palestinese. E l’Unione Europea, andando al voto in ordine sparso, darà conferma del suo declino.
Attualmente i palestinesi possono contare formalmente sul sostegno di almeno 122 stati. L'Autorità Nazionale Palestinese ritiene comunque che riuscirà a ottenere il sostegno di almeno 150 stati, raggiungendo così la maggioranza richiesta per il passaggio della risoluzione all’Assemblea generale. L'ANP – OLP, oggi “osservatore”, potrebbe ottenere all'ONU uno status di “Stato osservatore non membro”, alla pari con il Vaticano. Senza diritto di voto, ma Stato.
Sarebbe una risoluzione priva di vincoli legali, ma pur sempre politicamente significativa in quanto sancirebbe un ampio consenso internazionale in favore del diritto dei palestinesi all' autodeterminazione. Gli stessi palestinesi riconoscono che questa sarebbe una vittoria perlopiù simbolica, ma ci sarà una differenza: l’occupazione continuerà, ma sarà l’occupazione di uno Stato su un altro Stato, che accrescerebbe l’isolamento internazionale d’Israele e potrebbe anche aprire la strada a possibili richieste di sanzioni internazionali nei confronti di Tel Aviv. In particolare, i palestinesi acquisirebbero il diritto di far ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia per accusare israeliani di delitti contro i diritti umani e Israele di violazione della sua sovranità, integrità territoriale e indipendenza politica e della questione degli insediamenti. Il riconoscimento non comporterebbe l'impossibilità della soluzione dello Stato bi-nazionale o dello Stato unico.

Che accadrà, nel breve periodo, se la richiesta della Palestina venisse accolta? La politica “due popoli e due Stati” ne uscirà rafforzata. Che farà l'UE? Non si sa. Gli USA potrebbero non dare più un soldo di aiuti all' ANP. Israele potrebbe bloccare ogni trasferimento di denaro dal mondo verso l'ANP, potrebbe chiudere le frontiere della Palestina verso Israele ed il mondo. Aspettiamoci violenze di ogni genere dai militari e soprattutto dai coloni.

Che cosa accadrà se la richiesta della Palestina non venisse accolta?

Maggior frustrazione palestinese, ulteriore perdita di potere del Presidente dell'ANP, Abbas, una possibile terza intifada. L'esercito già ha difficoltà a controllare i coloni, adesso li sta riarmando. Possibilità di gravi violenze dei coloni. Ci sono pericoli di una guerra civile. Maggiore instabilità regionale e nel Mediterraneo, possibili incrementi di terrorismi. Perdita di credibilità dell'ONU a livello mondiale. Se l'ANP non fosse più in grado di gestire la Cisgiordania (per problemi interni o a causa di Israele) sarebbe Israele a dover gestire la Cisgiordania (e Gaza). Per Israele sarebbe la catastrofe.
A questo punto, il problema é che faremo comunque noi italiani democratici? Ritengo che occorrerà una nostra nuova politica di aiuti economici e politici alla Palestina, insieme con organizzazioni democratiche di tutto il mondo e una politica di severa, dura condanna politica e morale d' Israele, del sionismo, e di chi li appoggia, in primis il governo Berlusconi, usando tutti, ma TUTTI gli strumenti legali a nostra disposizione. Ricordate quello che facemmo per il Vietnam e per il SudAfrica dell'apartheid.
L’Italia e l’Unione europea farebbero bene a votare per il riconoscimento della Palestina, impegnandosi contestualmente a svolgere nel negoziato il ruolo che hanno sempre lasciato ai soli Stati Uniti.
Adesso tocca ai giovani palestinesi organizzare una nuova resistenza di massa nei Territori Occupati, senza essere risucchiati in quelle spirali di violenza che alienerebbero loro le simpatie del mondo.
Adesso tocca a noi, italiani ed europei, cristiani, musulmani, ebrei, nel ricordo di Vittorio Arrigoni, far sentire la nostra voce per la giustizia, per la pace, per “restare umani” e per la solidarietà con la Palestina.

W la PALESTINA!
Grazie, shalom

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