domenica 25 settembre 2011

Il gruppo” Rifiutarsi morire in silenzio” contro la violenza dei coloni di Ben Lorber

di Ben Lorber


Martedì pomeriggio, 20 settembre, coloni israeliani dell’insediamento di Yitzhar sono arrivati nel villaggio palestinese di Affira Al-Khaeliya, fuori Nablus, e dopo un breve manifestazione hanno preso d’assalto il villaggio, aggredito i residenti e danneggiato le proprietà.

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Il lancio della nuova campagna “Rifiutarsi di morire in silenzio”, domenica 18 settembre.



I soldati israeliani sono giunti sul posto solo per proteggere coloni armati da palestinesi disarmati, che tentavano di difendere il proprio villaggio con le pietre. Negli scontri tra soldati e palestinesi che ne sono seguiti, un ragazzino di 13 anni è stato colpito alla schiena dalla scatola metallica di un gas lacrimogeno lanciato da breve distanza, mentre almeno tre persone sono state ferite da proiettili di gomma.

Thom, un attivista inglese, è arrivato intorno alle 15 con “Rifiutarsi di morire in silenzio”, gruppo di solidarietà creato domenica scorsa dai comitati di resistenza popolare della Cisgiordania. “I soldati erano fermi tra i coloni e i residenti del villaggio, a proteggere gli israeliani che tornavano nel proprio insediamento. Quando abbiamo provato a chiedere ai soldati cosa stessero facendo, ci hanno tirato contro bombe sonore e gas lacrimogeni e più tardi proiettili di gomma. Uno dei gas lacrimogeni ha centrato un ragazzo di 13 anni, colpendolo alla schiena e facendolo cadere a terra. Al momento sembrava paralizzato, non poteva muoversi ed è stato portato via da un’ambulanza. Quando la proprietaria di una casa vicina ha tentato di raggiungere camminando la propria abitazione, i soldati le hanno tirato un gas lacrimogeno tra i piedi. Ha 80 anni. È stata portata via in ambulanza anche lei, ora sta bene. Una volta che i coloni sono tornati nell’insediamento, i soldati hanno cominciato ad arretrare e a lanciare meno lacrimogeni e gli scontri sono finiti”.

“Rifiutarsi di morire in silenzio” è una campagna lanciata domenica nel villaggio di Nabi Saleh, vicino Ramallah. Il gruppo usa un sistema coordinato di automobili e videocamere per monitorare, rispondere e intervenire durante gli attacchi dei coloni che questo settembre si stanno verificando in tutta la Cisgiordania. Parlando dell’utilità di questo gruppo per settembre, Mohammed Khatib, residente a Bil’in e membro del Comitato di Coordinamento della Lotta Popolare, ha sottolineato che “se qualcuno avesse bisogno della prova che i palestinesi non possono contare sulle autorità israeliane per fermare la violenza dei coloni, gli eventi recenti mostrano senza alcun dubbio perché dobbiamo organizzarci da soli. Questo è esattamente quello che i volontari faranno in modo pacifico e civile”.

“L’idea – spiega Thom – è quella di ricevere una telefonata dai villaggi sotto attacco così da raggiungerli velocemente in auto. Ci sono due palestinesi nella macchina e due internazionali, due macchine fotografiche e una videocamera. Andiamo direttamente al villaggio e documentiamo la violenza dei coloni e, se possibile, se non ci sono soldati e sembra che la violenza aumenti, allora gli internazionali intervengono per bloccare le aggressioni”.

“Rifiutarsi di morire in silenzio” rappresenta il tentativo comune di unificare gli sforzi dei comitati popolari dei villaggi della Cisgiordania, nell’affrontare la crescente violenza dei coloni in vista della richiesta di membership della Palestina alle Nazioni Unite. Il miglior modo di reagire alle aggressioni dei coloni, che colpiscono senza preavviso e scompaiono subito dopo che il danno è fatto, è rispondere velocemente e proteggere i palestinesi. Thom spiega che “l’idea è arrivata dalla mancanza di mezzi di informazione nei luoghi dove i coloni compiono le violenze. Ci sono molti report sulle aggressioni dei coloni, si possono trovare numerosi media che coprono l’evento dopo che si è verificato, ma sono pochi quelli che provano a coprire gli eventi mentre si verificano. Così il gruppo vuole tentare di coprire questo gap”.

Gli internazionali giocano un ruolo cruciale nell’organizzazione, non solo come meri osservatori del conflitto, ma come attori solidali con la popolazione palestinese. “Utilizziamo la solidarietà internazionale qui in Palestina – dice Thom – come deterrente alla violenza e per fermare i coloni che entrano nei villaggi”.

I coloni sono entrati ad Affira martedì in risposta all’iniziativa palestinese alle Nazioni Unite, come parte di una campagna volta a “mostrare ai palestinesi di chi è la terra”. Hanno tentato di farlo martedì anche in un altro villaggio, ad Awarta dove alle 17.30 i coloni sono stati visti, come racconta Thom, “nei campi di Awarta suonare, sventolare bandiere israeliane, cantare e festeggiare”. Violenze e intimidazioni anche la scorsa settimana nel villaggio di Burin, vicino Affira, quando i coloni hanno dato fuoco a 220 alberi di ulivo appartenenti a contadini palestinesi.

VIDEO: New Campaign launched against "settlers'" attacks, "LAUNCH REFUSE TO DIE IN SILENCE"

http://www.youtube.com/watch?v=iM61m0mw6ds

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