giovedì 22 settembre 2011

Annuncio choc dei coloni: marceremo verso le città palestinesi

di Marta Fortunato

La tensione in Cisgiordania aumenta mentre la tanto attesa data del 23 settembre si avvicina: i coloni stanno organizzando marce contro le città palestinesi mentre i comitati popolari escogitano metodi non violenti per difendersi.


La nuova iniziativa dei comitati popolari palestinesi in caso di attacchi dei coloni ha già un nome: “Ci rifiutiamo di morire in silenzio”. Un progetto che fa affidamento su volontari palestinesi, israeliani ed internazionali e che mira a controllare e a documentare quanto avviene in tutto il territorio della Cisgiordania attraverso delle ronde in auto per far fronte alle possibili aggressioni dei coloni israeliani contro i villaggi palestinesi.

Oggi, lunedì 19 settembre, questa campagna è stata inaugurata nella sorgente di Ein al-Qaws, vicino al villaggio di Nabi Saleh (area di Ramallah), recente teatro di scontri e di minacce da parte dei coloni del vicino insediamento di Halamish.

“L'idea principale è quella di avere un gruppo di volontari con videocamere che possano proteggere i palestinesi” ha dichiarato Mohammed Khatib, membro del Comitato Popolare di Bil'in all'agenzia di stampa Inter Press Agency (IPS) – se questo non fermerà i coloni, proteggeremo il nostro popolo con i nostri corpi, senza mai fare ricorso alla violenza. Se loro vogliono usare la violenza sono liberi di farlo, ma noi utilizzeremo solo metodi non-violenti”.

Dalla fine di agosto l'esercito israeliano ha iniziato ad armare e ad addestrare i coloni della Cisgiordania fornendo loro gas lacrimogeni, bombe sonore e cani addestrati per disperdere la folla durante le manifestazioni che Israele prevede che avranno luogo alla fine di questa settimana, quando l'Autorità Palestinese si rivolgerà all'ONU per chiedere il riconoscimento dello stato palestinese.

Tesi smentita da Mohammad Khatib: non ci sarà nessun episodio di violenza da parte palestinese. Piuttosto tutto ciò sembra solo un modo per giustificare le aggressioni israeliane contro la popolazione palestinese.

Proprio ieri i coloni e i gruppi israeliani di estrema destra hanno dichiarato che martedì pomeriggio (20 settembre) daranno inizio a delle marce verso i centri palestinesi che sono sotto il controllo dell'Autorità Palestinese.
“Noi abbiamo il diritto di vivere in Cisgiordania” ha dichiarato Meir Bertler, leader di Hilltop Youth all'agenzia di stampa israeliana Ynet News – e questa settimana organizzeremo marce, e mostreremo la nostra presenza per far capire a tutti a chi appartiene questa terra”.

Da qui la decisione del Coordinamento dei Comitati per la Resistenza Popolare di proteggere i palestinesi. “Non possiamo fare affidamento sulle autorità israeliane” ha continuato Mohammad Khatib – gli eventi recenti mostrano che è necessario che ci auto-organizziamo e ci auto-difendiamo. Ed è esattamente questo il ruolo dei nostri volontari, quello di proteggerci usando metodi civili e pacifici”.

Secondo le ultime statistiche dell'OCHA (Ufficio ONU per il Coordinamento degli affari umanitari), le violenze dei coloni sono in forte aumento e costituiscono uno dei principali motivi che costringono la popolazione palestinese al trasferimento forzato. Come l'episodio avvenuto nel villaggio palestinese di Susyia (colline a sud di Hebron), il 9 settembre: alcuni coloni hanno dato fuoco ad una delle strutture abitative del villaggio ferendo un palestinese e lasciando 12 persone senza un tetto sulla testa.



Dal 7 al 13 settembre, riportano dati OCHA, i coloni israeliani hanno ferito 7 palestinesi in tre diversi episodi di violenza. E nei primi otto mesi del 2011, almeno 6680 alberi di proprietà palestinesi sono stati sradicati, tagliati o dati alle fiamme.

“Con questa campagna vogliamo mostrare ai palestinesi che è possibile difendersi dagli attacchi in modo non violento e vogliamo dire ai coloni: 'Se il vostro governo è dalla vostra parte e il vostro esercito vi aiuta, noi non aspetteremo in silenzio che ci uccidiate'. Al contrario, ci auto-proteggeremo e faremo uso di metodi non violenti per mostrare quello che realmente sta avvenendo” ha concluso Mohammad.

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