venerdì 22 gennaio 2010

L'alluvione di Gaza si chiama Israele

| di Michele Giorgio
Gaza, altro che alluvione
Non c'è fine alle sofferenze della Striscia di Gaza. A un anno dalla devastante offensiva militare israeliana «Piombo fuso» è arrivata anche un'alluvione. La più devastante da dieci anni a questa parte. Ma quello che qualcuno ha rapidamente descritto come un semplice disastro naturale, conseguenza delle piogge torrenziali che si sono abbattute sulla regione dopo un lungo periodo di siccità - dal cielo sono caduti in poche ore fino a 70 millilitri di acqua, due terzi delle precipitazioni medie regionali dell'intero inverno - in realtà è frutto anche, se non soprattutto, della decisione da parte delle autorità israeliane di aprire una diga ad est della Striscia senza coordinarsi in alcun modo o, almeno, avvertire gli abitanti di Gaza. Lo hanno denunciato ieri fonti palestinesi correggendo le informazioni divulgate inizialmente dalle agenzie di stampa.
Così da un giorno all'altro un centinaio di famiglie, in gran parte beduine (circa 800 persone), residenti nel wadi, la valle nei pressi di Gaza city, si ritrovano senza alcun riparo e vanno ad aggiungersi alle tante altre che hanno perduto la casa nella guerra di un anno fa.
Le famiglie vittime dell'alluvione si erano stabilite nel wadi perché da quelle parti di acqua non se ne vedeva più da un bel po' di tempo. Israele, per mettere le mani sulla (poca) acqua piovana caduta in quella zona negli ultimi anni, ha infatti costruito un mega serbatoio e una diga ad est della Striscia, impedendo in questo modo alla pioggia di scorrere verso il wadi che sfocia sulla costa di Gaza. Ad attirare in quella zona i beduini allevatori di pecore è stata anche l'erba, leggermente più abbondante rispetto al resto del territorio di Gaza, presente nel letto del fiume secco. Ieri però, stando al resoconto fornito della Difesa civile di Gaza, di fronte all'improvvisa abbondanza di acqua frutto delle eccezionali precipitazioni, gli israeliani hanno aperto senza preavviso la diga che regola il mega serbatoio e ben 3 milioni di metri cubi di acqua hanno inondato il wadi travolgendo ogni cosa.
A Jurok a-Dik e a Nuseirat l'acqua ha raggiunto altezze fino quattro metri inondando le case e le povere tende e strutture di lamiera dei beduini. Solo l'intervento dei vigili del fuoco e dei volontari della Difesa civile ha evitato il peggio, permettendo di salvare più di una persona dalla furia delle acque. Non sono scampate alle morte però molte decine di capi di bestiame, unica fonte di sostentamento per tante famiglie nella Gaza sotto assedio. Secondo un'agenzia di stampa, invece, «al colmo della sventura», l'acqua sarebbe semplicemente tracimata a cascata dalle falle prodottesi nel mega serbatoio israeliano, allagando il wadi nel raggio di circa 8 km, dal confine orientale con lo Stato ebraico fino al Mar Mediterraneo. Una versione smentita a Gaza dove, al contrario, si lanciano accuse pesanti a Israele che, da quando il movimento islamico Hamas ha preso il potere nel 2007, non mantiene attivo alcun canale di collegamento diretto con le autorità palestinesi nella Striscia.

1 commento:

Andrea ha detto...

Gaza è sotto il governo di Hamas, non di Israele: se mancano le infrastrutture idriche non è certo colpa di Israele!