sabato 7 agosto 2010

Jenin Antigone

CISGIORDANIA, ANTIGONE A JENIN
Mustafa Staiti racconta il film collettivo che sta realizzando al Freedom Theatre. Un lungometraggio che parlera' di occupazione e di conflitto ma soprattutto della donna, di pregiudizi, dell’onore e della violenza.

SERVIZIO SPECIALE DI ILARIA DE BONIS

Jenin, 10 luglio 2010 (foto dal sito www.palestinechronicle.com), Nena News – “Sono nato durante la prima Intifada e ho vissuto la mia adolescenza durante la seconda, al campo profughi di Jenin, un periodo che ha segnato tutta la mia vita. Ho solo 24 anni ma in Palestina non misuriamo l’età dai giorni: ogni giorno vale come una settimana. Possono succedere talmente tante cose, hai un amico che viene ucciso, una sorella che si sposa, tuo fratello va all’ospedale… A 24 anni hai vissuto come uno di 50”.

Mustafa Staiti parla di sé e del film collettivo che sta realizzando al Freedom Theatre di Jenin con Udi Aloni, il regista israeliano autore di Local Angel e Forgiveness, entrambi sul conflitto israelo-palestinese.

“Udi ha 50 anni, il doppio dei miei anni ma ci capiamo. Lui è venuto un giorno, invitato da noi, ha visto i cortometraggi che avevamo prodotto qui al teatro e ha deciso che potevamo ricavarne un solo film – spiega Mustafa – Una rivisitazione dell’Antigone. L’Antigone in Palestina. Ci stiamo lavorando in gruppo, noi ragazzi di Jenin e lui”.

Il lungometraggio parlerà solo marginalmente di occupazione e di conflitto. E’ un film sulla donna e sulle relazioni famigliari. Sulla sottomissione e sui pregiudizi, sull’onore e sulla violenza.

“Il mio primo corto si chiama Honour ed è autobiografico. E’ un film su mia sorella e su di me – racconta Mustafa – Mi vergogno ma in passato io ho picchiato mia sorella perché secondo me aveva macchiato l’onore della nostra famiglia. Ora sono diverso, ma ho dovuto fare un lungo lavoro su me stesso per cambiare”.

La storia del Freedom Theatre è anche quella del campo rifugiati di Jenin: dell’Intifada, della distruzione, dell’opposizione, della morte e della rinascita. Arna Mer Khamis, l’attivista ebrea che lo creò e durante la prima Intifada avviò corsi di recitazione e di drama terapy per i bambini del campo, ora non c’è più e molti dei giovani cresciuti con lei sono stati uccisi anni dopo durante l’invasione militare israeliana di Jenin, nel 2002. Il teatro è stato distrutto e poi ricostruito. Ora lo dirige il figlio di Arna, Juliano. Dal 2006 ad oggi, oltre alle rappresentazioni teatrali, si tengono seminari, attività multimediali e corsi di regia.

“Fin da quando sono nato ho avuto contatti con questo ambiente perché mia madre era una collaboratrice di Arna. Quando mio padre venne arrestato dalla polizia israeliana Arna aiutò me e la mia famiglia”, prosegue Mustafa.

Il Freedom Theatre in questi giorni è in gran fermento: Udi Aloni e il gruppo (Mustafa, Linda, Suzanne e altri ragazzi palestinesi ) lavorano assieme, scambiandosi idee per ore, nella saletta del centro multimediale.

La stesura della sceneggiatura è un processo delicato e creativo, il regista dialoga con i ragazzi: “la storia parte con l’invasione. Si sentono spari. La camera stringe. Non seguiamo Antigone ma l’immagine di Antigone”. I ragazzi discutono sulla prima inquadratura.

Lui parla in inglese, Mustafa traduce in simultanea in arabo. Costruiscono ogni sequenza assieme. Udi parla della libertà, di Sofocle, della tragedia greca e della flottiglia di Gaza, “questa nave è un miracolo”, dice.

Arte, teoria e azione: “l’arte può diventare uno strumento per la libertà”.

“Questo sarà un film incredibile, un grande regalo per la Palestina”, spiega il regista. “Sono venuto qui per cinque giorni qualche mese fa e ho visto i lavori dei ragazzi: sono rimasto veramente colpito. Ho subito pensato che quei corti fossero pezzi di un solo film e il personaggio non poteva essere che Antigone. A Jenin”.

Può sembrare strano, spiega Mustafa, “ma la telecamera ha un potere molto forte sulla comunità, il potere di cambiarla”.

“Vengo dal campo profughi sono nato lì. La mia famiglia viene da lì. Ma ho sempre voluto fare qualcosa di diverso e quando Juliano tornò a Jenin per ricostruire il Freedom Theatre ho pensato di poter avere una seconda chance – ricorda Mustafa – ho iniziato a lavorare come volontario e ho studiato fotografia. Il centro multimediale nasce con l’idea di usare il cinema come una rivoluzione”.

La prima sfida è proprio quella di far accettare alla comunità del campo profughi il nuovo mezzo e l’idea che uno studente che viene da lì possa dirigere un film.

“Non se ne parla nel campo, è una specie di disonore e di delusione per la tua famiglia che manda tuo fratello a spiarti per sapere quello che fai…”, racconta Mustafa. Ma lentamente le cose stanno cambiando anche qui.

Il cinema a Jenin sta diventando uno strumento di riscatto e un mezzo di espressione: presto sarà pronto anche la nuova sala, l’unico cinema della città, grazie ad un progetto tedesco che ha consentito di ricostruire completamente la sala distrutta durante la seconda Intifada. E non è escluso che i ragazzi del Freedom Theatre possano in futuro proiettare la loro opera prima collettiva nel cinema che verrà inaugurato il prossimo 5 di agosto. (red) Nena News

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