sabato 29 ottobre 2011

Incredibile abuso

Israele non paga i costi dell'occupazione, non garantisce i servizi che è obbligato a garantire secondo la Convenzione di Ginevra sui territori che occupa. Questi costi sono pagati da altri, dall'Europa e dalle varie ong e associazioni per i diritti umani. Ma Israele non è ancora soddisfatto e intende demolire ciò che non ha costruito, ma è stato costruito con soldi altrui. Sta per essere demolita anche la scuola di gomme nel villaggio beduino costruita da "Vento di terra" Fino a quando il mondo tollererà tutto questo?


Hebron, Israele demolirà l’impianto solare finanziato dalla Spagna
di Mikaela Levin


Israele ha pianificato la demolizione dell’impianto di energia solare della città di Mneizel, nel distretto di Hebron. L’impianto fornisce elettricità al villaggio circondata da colonie israeliane ed è stato finanziato dal governo spagnolo con circa 300mila euro.


Se Israele porterà avanti l’ordine di demolizione, il governo spagnolo chiederà un risarcimento?

La piccola città palestinese di Mneizel, a circa 70 chilometri a Sud di Hebron, ha goduto per due anni e mezzo di chiacchiere fino a tarda ora, di studio e cene di notte, di film in tv e di cartoni animati, della meraviglia del conservare cibo in frigo e delle numerose possibilità di impiego permesse dall’elettricità. Avrebbe potuto godere di tutto questo molto prima, ma si trova in Area C, sotto il totale controllo israeliano secondo quanto stabilito dagli accordi di Oslo, e le autorità israeliane avevano negato alla città questo essenziale servizio.

Ora le autorità d’Israele hanno preso di nuovo di mira questa piccola, povera e dimenticata città, circondata da colonie, per negargli di nuovo un basilare diritto. L’11 ottobre, funzionari israeliani della cosiddetta Amministrazione Civile dell’occupazione militare hanno consegnato ordini di demolizione all’impianto solare locale, un piccolo edificio dove sono custodite le batterie, e a tre case di proprietà di residenti palestinesi.

“Se demoliranno l’impianto e l’edificio, la città perderà tutte le connessioni alla rete elettrica. Questo significa niente elettricità per le case, ma anche per l’ospedale, la scuola e alcuni piccoli negozi aperti in questi ultimi anni”, spiega all’AIC Ignacio, attivista spagnolo che lavora al progetto. L’intero impianto solare è stato costruito in terra privata palestinese e la sua realizzazione, comprese le batterie e l’istallazione in tutte le case, è stata finanziata dal governo spagnolo con circa 300mila euro.

Secondo gli ordini militari israeliani, le demolizione avrebbero dovuto essere compiute martedì 18 ottobre, ma un avvocato di Rabbini per i Diritti Umani ha presentato un reclamo ai tribunali israeliani: l’esercito ha così ricevuto un’ingiunzione che ritarda le demolizioni. Il Consolato spagnolo a Gerusalemme e la compagnia spagnola che amministra il progetto, Sistemas Energéticos Básicos (SEBAS), sono immerse in riunioni politiche senza fine da quando l’ordine è stato consegnato per cercare di congelare o annullare le demolizioni.

Per i 300 palestinesi che vivono nel villaggio di Mneizel i giorni a seguire saranno determinanti per il loro stile di vita, per la possibilità di avere una vita leggermente più semplice. Come sottolinea Ignacio, la cittadina è parte di una delle aree palestinesi più vulnerabili e impoverite della Cisgiordania. Solo un esempio: gli abitanti di Mneizel consumano 21 litri di acqua al giorno, una quantità minuscola se comparata ai 130 litri consumati ogni giorno da un colono residente nella stessa area.

“La legge umanitaria internazionale stabilisce chiaramente che le forze di occupazione devono garantire l’accesso ai servizi di base a tutta la popolazione civile sotto occupazione”, spiega Ignacio. Se l’esperienza aveva già dimostrato che le autorità israeliane non hanno alcun interesse né volontà a conformarsi al diritto internazionale, la Cooperazione Spagnola, attraverso il Consolato spagnolo di Gerusalemme, ha deciso di iniziare progetti energetici nelle Aree B e C. “Se costruissimo solo in Area A (sotto il totale controllo dell’Autorità Palestinese), supporteremmo la pulizia etnica”, aggiunge Ignacio.

Attualmente SEBAS ha un altro progetto energico ad Atuf, villaggio vicino la città di Jenin, a Nord della Cisgiordania. Si trova in Area B e sarà la prima città di sempre, se il progetto avrà successo, a produrre da sola l’elettricità necessaria ai residenti. La compagnia spagnola ha infine altri due progetti in Area C, ma sono attualmente ancora in fase di pianificazione.

Nessun commento: