domenica 30 ottobre 2011

Muro e demolizioni a Led, città mista d’Israele

di Emma Mancini


Led è una delle sei città miste arabo-israeliane a pochi chilometri da Jaffa e Tel Aviv, in pieno Stato di Israele. La vita dei palestinesi in quello che resta del quartiere arabo è una lotta continua contro demolizioni e trasferimenti forzati.

È quello che è successo a otto famiglie palestinesi, residenti a poche centinaia di metri dal nuovo quartiere russo, marciapiedi colorati, sculture al centro delle rotonde e palazzi bianchi che continuano ad espandersi. È la destinazione dei tanti ebrei provenienti dalla Russia e dalle ex Repubbliche sovietiche, nuovi cittadini israeliani che difficilmente parlano ebraico. Nei negozi e nei supermarket le insegne e le pubblicità hanno caratteri in cirillico: strano tipo di integrazione nella società israeliana.

Per continuare ad espandere il quartiere, le autorità israeliane proseguono nella demolizione delle abitazioni delle famiglie palestinesi. Il 3 ottobre 2010 è toccato ad otto famiglie, 55 persone: le loro sette case sono state distrutte dai bulldozer dell’esercito israeliano. Di notte.

“Due giorni prima ci hanno notificato un ordine di demolizione – racconta Noor, una giovane quindicenne, costretta ad essere già adulta – Hanno detto che le nostre case erano illegali, erano state costruite senza permesso, e che entro sei mesi avrebbero proceduto alla demolizione. Sono arrivati con i bulldozer solo due giorni dopo”.

“Era notte. Ci hanno urlato di lasciare la casa, lasciandoci solo mezz’ora per prendere le nostre cose – continua Amal, solo tredici anni – Ci hanno radunato tutti fuori e ci hanno minacciato con le pistole”. Fuori, nel cortile, un centinaio di soldati, quasi un’azione militare.

“Hanno detto che le nostre case erano illegali – racconta Noor – Le avevamo costruite cinque anni prima sulla terra del nonno. Non ci hanno dato alcuna alternativa: hanno distrutto le case e ci hanno lasciato senza un tetto, senza darci un’opzione a Led o in un’altra città. Hanno anche picchiato nostro cugino, ha passato cinque giorni in ospedale”.

Dopo qualche giorno dalla demolizione, le otto famiglie hanno montato tende e portato container, tra le macerie delle case. Ma dopo soltanto un mese, l’esercito è tornato e ha distrutto anche i container. Ora sono costretti a vivere in una baracca accanto alla casa dei vicini, che offrono loro acqua e elettricità. Ma non si arrendono: “Siamo andati subito in tribunale – prosegue Amal – Abbiamo un avvocato israeliano, ma per ora non ci hanno dato alcuna risposta. Questa non è vita: i bambini più piccoli hanno subito forti traumi, per mesi non sono riusciti ad andare a scuola”.

Tra le macerie delle sette abitazioni, spuntano quaderni con i compiti di matematica, bollette, sedie, qualche coperta. Anche la vita quotidiana di otto famiglie è finita sotto le macerie. Ma non la loro dignità: prima di salutarli ci danno una bottiglia d’acqua fresca. “Fa molto caldo oggi”. Loro, che l’acqua la chiedono ai vicini.

La situazione a Led è esplosiva. La convivenza tra arabi e israeliani è rappresentata da un muro. Le autorità israeliane lo hanno costruito per dividere il quartiere arabo dai quartieri israeliani e da quelli dei nuovi immigrati dell’Est Europa, giunti in massa per giudaizzare la città e incrementare il divario demografico tra israeliani e palestinesi. Proviamo a chiedere alla gente che cammina per le strade del quartiere russo dov’è il muro. “Non parlo inglese”, la risposta più frequente. Un uomo al telefono ci saluta e ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto. Appena chiediamo di indicarci il muro di separazione, se ne va immediatamente senza una parola.

Prima del 1948, erano 40mila i palestinesi residenti a Led. Dopo la guerra e la nascita dello Stato di Israele case e terre sono state confiscate, molti palazzi sono stati demoliti per evitare il ritorno dei profughi, quelli che erano stati cacciati. Oggi i residenti di Led sono 74mila, il 30% arabi. Le abitazioni palestinesi si sono ridotte a 5mila unità, ma per la legge israeliana sono illegali perché prive dei permessi di costruzione o perché le famiglie non riescono a dimostrare la proprietà di case vecchie di quasi un secolo. Negli ultimi tre anni, i bulldozer dell’esercito israeliano hanno demolito oltre 150 abitazioni palestinesi

Adesso, le autorità israeliane hanno presentato un piano per l’allargamento della zona industriale e per il passaggio della superstrada proprio nel quartiere arabo di Led. Sono già cinquanta le case che hanno ricevuto l’ordine di demolizione.

Le famiglie palestinesi cercano di resistere, nei tribunali e nelle corti israeliane, ma senza risultati positivi. I due membri palestinesi della giunta comunale (due su diciassette) non hanno alcun tipo di potere, soprattutto ora che, a causa di episodi di corruzione, il governo di Tel Aviv ha commissionato la giunta. E gli effetti sulla vita quotidiana sono tangibili, le differenze tra la parte araba e quella israeliana abissali. Nel quartiere arabo non passano bus pubblici, non ci sono servizi postali né è prevista la pulizia delle strade. La discriminazione la tocchi con mano.



Ecco a voi Led, città mista nell’unica democrazia del Medio Oriente.

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