giovedì 27 ottobre 2011

TOLLERANZA, MA A SENSO UNICO

A qualche giorno dall'inizio della realizzazione del Museo della Tolleranza, una lettera firmata da 84 archeologi chiede lo stop ai lavori perche' distruggerebbero una testimonianza archeologica della Gerusalemme musulmana.

GIORGIA GRIFONI

Gerusalemme, 26 ottobre 2011, Nena News- “Rifiutandosi di salvare questo prezioso sito archeologico e culturale, le autorità israeliane e il Simon Wiesenthal Center dimostreranno solo il loro fallimento nel sostenere, con imparzialità e giustizia, gli stessi standard etici, religiosi e archeologici nei confronti dei siti di sepoltura degli ebrei e dei non-ebrei”. Questa è, in sostanza, l’accusa che un gruppo di archeologi internazionali ha mosso nei confronti dei responsabili della costruzione del “Museo della Tolleranza”, un complesso di 150 milioni di dollari che sorgerà nel quartiere gerosolimitano di Mamilla su quel che resta dell’omonimo cimitero musulmano, il più antico della città. La ripresa dei lavori, autorizzata dalla Knesset a nel luglio scorso, è solo questione di giorni.

In una lettera indirizzata al sindaco di Gerusalemme, al ministero delle Antichità e al Simon Wiesenthal Center, 84 archeologi e ricercatori di tutto il mondo hanno chiesto di interrompere il piano per la costruzione del museo della Tolleranza a Gerusalemme. L’ennesimo tentativo di fermare la realizzazione di un’opera controversa al centro di una battaglia iniziata nel 2005 e portata avanti da attivisti palestinesi e organizzazioni non governative locali sia locali che internazionali.

Il progetto risale al 2004, con la cessione del terreno da parte dell’Autorithy per le Terre di Israele (ILA) al Simon Wiesenthal Center, che vi avrebbe voluto erigere un “Centro per la dignità umana” come parte del suo “Museo della Tolleranza”, con sede a Los Angeles e a New York: “Un’istituzione educativa e un laboratorio sociale nel cuore di Gerusalemme che parli al mondo e che si confronti con le importanti questioni di oggi – come l’antisemitismo globale, l’estremismo, l’odio, la dignità umana, la responsabilità- promuovendo l’unità e il rispetto tra gli Ebrei e le persone di ogni fede” recita l’introduzione alla struttura sul sito del Simon Wiesenthal Center. “Questo museo – ha affermato il presidente israeliano Shimon Peres – è più che un edificio: è un eterno messaggio di comprensione, solidarietà e unione”.

La comprensione e la solidarietà sono state talmente grandi che, nel momento in cui sono iniziati i lavori nel 2005-2006, gli scheletri trovati negli scavi del sito sono stati semplicemente rimossi. Nonostante una parte del cimitero fosse ben visibile -in quanto adiacente al parcheggio del 1955 su cui stava avendo luogo la costruzione- il capo del progetto, il rabbino Marvin Hier dichiarò di non sapere che il sito si trovasse su un antico cimitero musulmano e difese il progetto da chi lo accusava di voler dissacrare un luogo santo per l’Islam: “Il museo sorgerà non sul cimitero, ma sul sito di tre ettari dove si trova il parcheggio. Un parcheggio in cui, per cinquant’anni, i cittadini di tre diverse religioni hanno posteggiato la propria auto senza batter ciglio”. Dopo la guerra del 1948, Israele ha occupato la parte ovest di Gerusalemme, prendendo possesso anche del sito su cui sorge il cimitero e adibendone una parte alla costruzione del parcheggio, oltre a un parco e vari edifici pubblici e privati. Quando Rashid Khalidi –professore di cattedra “Edward Said” in studi arabi alla Columbia University, la cui famiglia è sepolta da generazioni nel cimitero di Mamilla- lo informò che anche il parcheggio era costruito sul sito di sepoltura, il rabbino Heir andò a recuperare un documento secondo il quale nel 1945 la Suprema Corte Islamica avrebbe autorizzato la costruzione un “centro commerciale” su parte del sito del cimitero.

L’affare Mamilla è arrivato, oltre che alla Corte Suprema israeliana -che rigettato la petizione dell’associazione Al Aqsa di interrompere i lavori – anche all’Unesco, senza comunque disturbare le autorità israeliane nella rimozione dei corpi e distruzione delle tombe. Si stima che più di 1500 sepolcri siano stati abbattuti dal 2005 ad oggi in uno dei cimiteri musulmani più antichi del mondo. Il sito risale al settimo secolo d.C. e custodisce le spoglie di guerrieri musulmani e crociati: tra esse spicca la “Zawiyya al-Kubakiya”, il piccolo mausoleo dove sarebbe sepolto l’emiro Aidughdi Kubaki, governatore di Safed e Aleppo al tempo di Saladino, e si dice che anche alcuni compagni del Profeta Maometto riposino in questo luogo.

Particolarmente allarmante -oltre al “totale disprezzo per questi resti umani” testimoniato dalla noncuranza con cui i corpi vengono rimossi e lasciati all’aria aperta- è per gli archeologi una frase enunciata da un portavoce del Ministero degli Affari religiosi al capo-cantiere: “Se doveste trovare anche una sola tomba ebraica, gli scavi verrebbero fermati immediatamente”. Visto lo strenuo lavoro svolto dal Simon Wiesenthal Center per la conservazione dei cimiteri ebraici in ogni parte del mondo, gli archeologi chiedono ai responsabili del progetto di mostrare tolleranza e rispetto per i morti non di fede ebraica, e fermare la distruzione della “terra dove sono sepolte generazioni di abitanti musulmani di Gerusalemme”. Nena News

1 commento:

Anonimo ha detto...

Arriva in ritardo la lettera degli archeologi. In Israele la storiografia nazionalistica si basa su "memorie indotte" ( tratto da Shlomo Sand):"...Archeologi, storici e antropologi contribuiscono a raccogliere una serie di prove pesantemente rielaborate...estrapolando dal passato il ritratto fiero e splendido di una nazione..." FIGURARSI SE LASCIANO SPAZIO AI REPERTI ISLAMICI! QUELLO SU CUI RIFLETTERE E' INVECE LA COMPLICITA' DEGLI ATENEI DI MEZZO MONDO A QUESTO PENSIERO E FILOSOFIA DI AZIONE, proprio nelle facoltà di archeologia e storia antica...
Pina