mercoledì 5 ottobre 2011

"Prima cambiarono il giudice e subito dopo la legge..."

E dire che gli israeliani se li erano andati a cercare in giro per il mondo i loro criminali nazisti, con dei commandos e al di là della legalità. Il centro Wisental che promuove la distruzione del cimitero monumentale di Gerusalemme per costruirci il suo "museo della tolleranza" era nato per questo, per cercare e dare la caccia ai criminali nazisti. Ora che sono loro i criminali, gli israeliani plaudono all'impunità e i britannici eseguono gli ordini dei sionisti. Una vera vergogna!


Il Regno Unito riscrive la legge sui crimini di guerra dietro richiesta israeliana
di Richard Irvine


I meccanismi legali creati dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale per perseguire più facilmente i criminali di guerra vengono ora eliminati per preservare l’impunità israeliana e salvarla dalle proprie responsabilità.



in risposta all’Olocausto e agli altri crimini nazisti, una scandalizzata comunità internazionale chiese giustizia – una richiesta che ha portato alla nascita del tribunale di Norimberga per i crimini di guerra, alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e all’introduzione del nuovo concetto legale di “giurisdizione universale”. La giustizia, così pareva, sarebbe stata imparziale e avrebbe tirato fuori i criminali dai loro nascondigli.

Quello di giurisdizione universale è un concetto semplice. Facendo derivare la propria legittimità dall’articolo 1 della Convenzione di Ginevra, stabilisce l’obbligo per ogni Stato “a rispettare e a garantire il rispetto” delle leggi di guerra, chiedendo concretamente a tutti i Paesi di perseguire sospetti criminali di guerra a prescindere dal luogo in cui il crimine è stato commesso.

In realtà, la giurisdizione universale è stata raramente invocata. Questa mancanza di efficacia in un mondo zeppo di crimini di guerra e crimini contro l’umanità può apparire particolare, ma è facilmente spiegabile. Nella grande maggioranza degli Stati la decisione di indagare e perseguire è nelle mani delle istituzioni di polizia (controllate dallo Stato stesso) e degli uffici dei procuratori. Questi sfortunatamente, a meno che non siano politicamente obbligati a farlo, non sprecano tempo a indagare su crimini accaduti chissà dove.

Di conseguenza, quando sospetti criminali di guerra viaggiano all’estero il loro viaggio gode di un’impunità virtuale; le indagini preparatorie necessarie all’apertura di un fascicolo contro di loro semplicemente non vengono avviate. Fino a metà settembre, tuttavia, c’era un Paese dove i criminali di guerra avevano buone opportunità di ritrovarsi di fronte ad un tribunale.

Nel Regno Unito, il sistema giudiziario permetteva a privati e individui di presentare prove di crimini di guerra di fronte ad un magistrato che, in caso di grave denuncia, avrebbe potuto così avviare le procedure di arresto del sospettato. Così, nel 2005 il generale israeliano in pensione Doron Almog riuscì a sfuggire all’arresto solo perché non scese dall’aereo e tornò direttamente in Israele, mentre nel 2009 la leader del partito Kadima, Tzipi Livni, cancellò il suo viaggio per evitare l’arresto. Altri importanti personaggi israeliani hanno semplicemente deciso di stare lontano dalla Gran Bretagna.

Purtroppo il 15 settembre questo strumento per ottenere una potenziale giustizia è stato revocato. A seguito delle proteste israeliane, il governo del Regno Unito ha deciso di cambiare la legge piuttosto che vedere arrestato un israeliano. Con una mossa condannata da Amnesty International, il governo britannico ha emendato la legge sulla giurisdizione universale, così che in futuro solo il Direttore della Pubblica Accusa possa autorizzare l’arresto di un sospetto criminale di guerra.

Motivazioni contradditorie

Stranamente, il governo del Regno Unito ha difeso la sua decisione con due motivazioni in contraddizione tra loro. Primo, le prove presentate per garantire gli arresti sarebbero in genere lontane da “una realistica persuasione di colpevolezza”. È falso, per non dire altro. Come Geoffrey Robertson, giudice d’appello delle Nazioni Unite, ha detto: “Il cambiamento della legge non ha niente a che fare – come dice il Regno Unito – con il fatto che si debbano assicurare prove evidenti. Nessun giudice distrettuale decreta un arresto alla leggera”.


Secondo, la ragione dell’arresto è evitare che il sospettato fugga mentre vengono raccolte ulteriori prove. Questa è la via comune seguita anche nelle indagini interne. Un’altra bugia sfornata dal Regno Unito per modificare la legge: arrestare sospetti criminali di guerra metterebbe a rischio un inesistente processo di pace. Questa assurda visione è stata presentata dal Segretario alla Giustizia del Regno Unito, Kenneth Clarke, che ha criticato la legge precedente perché metteva a rischio “la nostra capacità di aiutare nella risoluzione del conflitto o di perseguire una politica estera coerente”. Infatti, sostenendo che i precedenti mandati d’arresto erano stati politicamente motivati, il Segretario agli Esteri William Hague aveva dichiarato: “Non possiamo rimanere nella posizione per cui i politici israeliani sentono di non poter visitare il nostro Paese”.

Tuttavia, la ritirata britannica nell’applicazione della giurisdizione universale non è l’unico esempio del potere che la lobby israeliana ha nell’influenzare le legislazioni interne degli Stati. Un episodio ugualmente vergognoso si verificò quando Ariel Sharon fu incriminato da un tribunale belga: non solo Israele, ma anche gli Stati Uniti fecero pressione; Donald Rumsfeld arrivò a minacciare lo spostamento del quartier generale della NATO fuori dal Belgio.

Ciò solleva una questione: se rafforzare il diritto umanitario internazionale è considerato una minaccia alla pace, allora perché dovremmo averne uno?

Un punto di vista più coerente è stato proposto da Daniel Machover, socio dello studio legale Hickman&Rose: “È disgustoso che l’Ufficio Esteri esageri l’impatto sul processo di pace per tirare fuori dai guai poche persone sospettare di gravissimi crimini internazionali”.

Saltare la cena dell’Olocausto per votare

Tuttavia, la decisione di modificare la legge è stata accompagnata da controversie: il The Jewish Chronicle ha riportato che alla Camera dei Lord il voto era in stallo, 222 a 222, e alla fine è passato solo perché un membro della Camera, Monroe Palmer, ex presidente del gruppo dei Liberaldemocratici Amici di Israele, ha deciso di saltare una cena in memoria dell’Olocausto. Che di per sé appare strano: sicuramente Palmer sarebbe dovuto andare e forse imparare che, per usare il motto latino “impunitas sempre ad deteriora invitat”, l’impunità conduce sempre a crimini più gravi.

E certamente è anche in contrasto con la valutazione del giudice sudafricano in pensione, Richard Goldstone, che ha detto: “La mancanza di responsabilità per crimini di guerra e crimini contro l’umanità ha raggiunto un punto critico; l’attuale mancanza di giustizia sta minando ogni speranza di un processo di pace di successo e sta creando un ambiente che favorisce la violenza”.

Purtroppo, mentre Ilana Stein del Ministero israeliano degli Esteri festeggia (“Siamo felici che la Gran Bretagna abbia preso la decisione giusta”), sembra che la lezione impartita dall’Olocausto non sia stata ancora imparata.

Richard Irvine insegna presso la Queen’s University di Belfast il corso “La battaglia per la Palestina”, in cui esplora e analizza l’intera storia del conflitto. Irvine ha inoltre lavorato come volontario nei campi profughi palestinesi in Libano ed è attualmente coordinatore dell’Iniziativa Irlandese per l’Educazione in Palestina.

(Tradotto da Alternative Information Center)

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