giovedì 8 marzo 2012

8 MARZO, PALESTINA: STOP ALLA VIOLENZA SULLE DONNE

8 MARZO, PALESTINA: STOP ALLA VIOLENZA SULLE DONNE
In Palestina è in corso un’iniziativa contro la violenza sulle donne. La campagna lanciata dal Programma WELOD della Cooperazione Italiana coinvolge oltre 200 organizzazioni di donne ed istituzioni. GUARDA IL VIDEO SPOT DELLA CAMPAGNA

CARLA PAGANO

Gerusalemme, 8 marzo 2012, Nena News – Le Nazioni Unite definiscono la violenza sulle donne una “pandemia globale” e “la più diffusa violazione dei diritti umani”. La violenza contro le donne è fisica, sessuale, psicologica, verbale, economica. Non si ferma di fronte ad età, nazionalità, classe, cultura. Proprio per la varietà degli aspetti e dei luoghi in cui avviene, un fenomeno del genere non è facilmente quantificabile. Le stime tuttavia ci rendono un quadro inquietante: 6 su 10 donne al mondo fanno esperienza di violenza perpetrata anzitutto da uomini a loro vicini, mariti, partner, padri, fratelli, zii, cugini, e poi da conoscenti, colleghi, cognati e, solo infine, da sconosciuti.

La Palestina è un luogo dove la spirale della violenza si caratterizza come un sistema integrato di abusi che includono violenza politica, crisi umanitaria e violenza di genere. Un sistema che poggia, non da ultimo, su una cultura patriarcale che determina codici sociali – qui come in altri paesi dove il nucleo sociale primario è rappresentato dalla famiglia di sangue – e che investe la sfera delle relazioni familiari e degli affetti intimi. Le donne e le ragazze costituiscono un gruppo particolarmente vulnerabile. Dati completi ed aggiornati sul numero dei casi sono di difficile reperimento a causa di raccolte dati disorganizzate o di disaccordi sulla definizione di cosa è violenza di genere e di ciò che comporta. I dati disponibili portano comunque all’evidenza che l’incidenza della violenza di genere in Palestina è essenzialmente violenza sulle donne ed è particolarmente alta tra le ragazze di età compresa tra i 12 ed i 18 anni, per quanto riguarda abusi fisici e sessuali. I parenti maschi della famiglia, inclusi i parenti del marito, sono i principali colpevoli. Il delitto d’onore è una pratica ancora molto invasiva in società di questo tipo. In Palestina più di due terzi degli omicidi sono delitti d’onore, vale a dire che una media tra 3 e 5 donne al mese vengono uccise per questioni legate all’“onore” della famiglia. La giovane età delle vittime, le difficoltà economiche e il forte controllo esercitato dal parentado, rendono molto difficile l’accesso alle istituzioni o ai servizi antiviolenza per chiedere assistenza.

Il quadro legale su cui si basa la legge palestinese è composto da riferimenti a diversi codici: turco, britannico, giordano, egiziano, israeliano e alla shari’a. In Cisgiordania l’Autorità Palestinese fa riferimento al codice giordano del 1960 che attenua la colpa per “delitto d’onore”, condannando il colpevole con una pena dai 6 fino ai 12 mesi di prigione. La stessa Palestinian Basic Law contiene molte discriminazioni di genere, in particolare nel diritto di famiglia, dove rimangono aperte questioni chiave per la libertà delle donne, come l’eredità, la proprietà, il divorzio, la custodia dei figli, la cittadinanza. Sono questioni che molto spesso sono alla base della violenza sulle donne perpetrata all’interno della famiglia.

Le istituzioni palestinesi si stanno mostrando attente al contrasto alla violenza negli ultimi anni, ma il tragitto è solo agli inizi. Il Presidente Mahmoud Abbas ha manifestato l’intenzione di emendare il Diritto di Famiglia prima possibile. Il Ministero delle Donne ha adottato quest’anno una Strategia Nazionale per combattere la Violenza di Genere per gli anni 2011-2019 e una Strategia Nazionale Intersettoriale di Genere per gli anni 2011-2013, anche grazie all’esperienza del centro antiviolenza Mehwar di Betlemme e al sostegno che il programma WELOD (Women’s Empowerment and Local Development) ha potuto garantire nel processo consultivo con le oltre 200 organizzazioni di donne della società civile.

Il programma WELOD ha costruito un network che può costituire un valido sistema di riferimento promuovendo dei “Workshop sulla violenza contro le donne” mirati a condividere linguaggio e azioni comuni e delle “Cases conferences per la reintegrazione delle donne che hanno fatto esperienza di violenza” negli 11 centri di donne Tawasol, parte del programma. Lo stigma a cui sono sottoposte le donne abusate nella società è infatti un’altra forma di violenza che richiede una reale comprensione delle caratteristiche, dei diversi aspetti, dei danni che provoca la violenza sulle donne e sui bambini che vi assistono, accanto ad una presa in carico da parte delle organizzazioni femminili e femministe presenti sul territorio del percorso di ricostruzione della vita delle donne abusate affinché il circolo virtuoso si attivi e possa liberare la donna abusata dall’isolamento e dall’invisibilità, dandole la possibilità di ricostruire la propria vita.

La Campagna Nazionale di Lotta alla Violenza contro le Donne lanciata dal programma WELOD è il risultato del lavoro e delle riflessioni fatte con le oltre 200 associazioni di donne dei centri Tawasol e con le istituzioni locali e nazionali impegnate nella protezione dei diritti delle donne. I temi chiave della campagna sono la sensibilizzazione della società verso la reintegrazione delle donne e la responsabilità maschile nella lotta alla violenza. I contenuti sono diffusi attraverso due spot televisivi realizzati dalla regista Sahera Dirbas e messi in onda su reti locali (Al Quds Educational, Amwaj, Qalqilya, Al-Salam, Nablus, New Dawn, Bethlehem, Farah Channel), satellitari (Palestinian Satellite Channel, Mix TV) e siti web (Maannews), oltre che con immagini e messaggi su posters, billboards e calendari distribuiti negli 11 governatorati palestinesi partner del programma.

Ritornare a vivere libere dalla violenza è la preoccupazione delle donne che si battono, che denunciano gli abusi che subiscono e che rivendicano il loro diritto a vivere libere, a ricostruire la loro socialità, la loro autostima, ad autodeterminare il loro futuro. Perché questo avvenga la società e gli uomini hanno diverse e precise responsabilità. Nena News

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