mercoledì 5 maggio 2010

UN CASO KAFKIANO

ISRAELE APRE IL FUOCO CONTRO DUE DEPORTATI A GAZA
Rimane bloccato al valico di Erez l'espulso Ahmed Sabah

Valico di Erez, 04 maggio (foto dal sito Gulf News) Nena News - I soldati israeliani oggi hanno aperto il fuoco e respinto due palestinesi deportati il mese scorso a Gaza che, nei pressi del valico di Erez, hanno tentato attraversare la frontiera e di tornare a casa in Cisgiordania. I due palestinesi sono arretrati evitando conseguenze peggiori. Poco dopo, piu’ a sud, otto mezzi blindati israeliani sono penetrati nel territorio di Gaza dove hanno demolito un edificio diroccato nelle vicinanze dell’aeroporto.

Intanto si sta trasformando in una tragedia umana oltre che politica il caso di Ahmed Sabah, un ex detenuto palestinese della Cisgiordania deportato lo scorso 21 aprile a Gaza dall’esercito israeliano. Il movimento islamico Hamas non gli consente l’ingresso nella Striscia di Gaza, per impedire che Israele proceda con le espulsioni di palestinesi dalla Cisgiordania. Allo stesso tempo Tel Aviv non ha alcuna intenzione di riportare Sabah a Tulkarem, la città cisgiordana dove risiedeva prima di finire in carcere. Così l’ex detenuto politico si trova da 13 giorni fermo al valico di Erez e al momento non si intravede una soluzione.
Sabah vuole tornare a Tulkarem e respinge con determinazione l’ordine di deportazione giunto da Israele sulla base della recente Ordinanza militare 1650 che, in violazione delle convenzioni internazionali, definisce «infiltrati» tutti i palestinesi (e i cittadini stranieri) che risiedono in Cisgiordania senza un permesso israeliano valido, ossia emesso dalle autorità di occupazione. La determinazione di Sabah tuttavia non scalfisce il muro di rifiuto di Israele poichè la sua carta di identità è stata rilasciata a Gaza dal ministro dell’interno dell’Autorità nazionale palestinese (Anp). Da parte sua Hamas esclude di poter far entrare l’ex detenuto per evitare un precedente che potrebbe aprire la strada ad una ondata di espulsioni verso Gaza.
«Vivo da giorni in condizioni molti difficili ma non mi arrendo e non smetterò di reclamare il mio diritto a far ritorno alla mia famiglia in Cisgiordania», afferma Sabah che è assistito dal Centro israeliano Ha Moked per i diritti umani.(red) Nena News
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1 commento:

Andrea ha detto...

L'esercito israeliano non combatte per crudeltà assassina, senza l'esercito e la forza deterrente che ha lo Stato verrebbe spazzato via. Allora forse Myriam pubblicheresti un bel blog sulla terribile situazione dei bambini ebrei, sulle angherie commesse sulla popolazione civile, ecc...
Senza uno stato milioni di persone sarebbero ancora in balia di governi che odiano il diverso (non importa se povero, ricco, avido, ladro, servo) e anche gli ebrei della diaspora tornerebbero ad essere in pericolo. Perchè sì, Israele è armato fino ai denti per fare paura agli altri.
In un mondo perfetto come i manifesti della Benetton nessuno avrebbe bisogno di rivendicare un territorio o una nazione, ma la realtà è che per sopravvivere hanno dovuto combattere una guerra continua. E la guerra è due cose: morte e distruzione. E non la paga mai l'arruffapopolo di turno, ma il civile e il debole.