lunedì 12 aprile 2010

Regali israeliani

“Una mortale eredità lasciata da Israele

si aggira ancora di soppiatto in Libano”

di Natacha Yazbeck

Tyro, Libano (AFP, Agence France Presse) – Dopo quasi quattro anni da quando Israele, durante la sua guerra devastante con Hezbollah, ha cosparso il Sud del Libano di mine, con grande difficoltà si riesce a far parlare il ragazzetto Mohammed al-Hajj Mussa del giorno in cui ha perso le sue gambe.



L’11 agosto 2006, il magro ragazzo dai capelli neri era a cavallo di una motocicletta, dietro a suo padre, per consegnare del cibo ad una città vicina gravemente colpita nei raid israeliani, quando una bomba a grappolo andò a finire sotto uno dei copertoni.

“Più tardi mi venne detto che, circa quattro ore dopo l’esplosione, mi avevano trovato in un torrente,” ha raccontato ad AFP Mohammed, ora 15-enne, nella sua casa deteriorata all’interno del campo profughi palestinese di Al-Bass situato nella città costiera di Tyro, nel sud del Libano.

“Ripresi i sensi quando mi tirarono fuori dall’acqua e me ne resi conto. Potevo vedere le mie gambe che si erano rotte.”

La notte stessa, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite all’unanimità approvò la Risoluzione 1701 che richiedeva la fine delle ostilità e tre giorni dopo la guerra che era durata un mese cessò.

Ma Israele lasciò un’eredità mortale: la Nazioni Unite stimano che nella battaglia estiva gli aerei israeliani abbiano sganciato nel sud del Libano più di 4 milioni di bombe a grappolo.

Le Nazioni Unite affermano che il 90 % delle bombe venne fatta cadere dopo che la Risoluzione 1701 era già stata approvata, nelle ultime 72 ore prima del cessate il fuoco.

Circa il 40 % delle munizioni non esplose nell’impatto, tanto da trasformarle di fatto in mine anti-uomo.

Secondo l’esercito libanese ed i dati delle Nazioni Unite, queste munizioni, a partire dal 2006, hanno ucciso 46 civili e ne hanno mutilati più di 300.

La maggior parte delle vittime è data da genieri, da agricoltori e da bambini ignari, che hanno fatto l’errore di scambiare quegli oggetti luccicanti per giochi.

Il 4 di Aprile si celebra la Giornata Internazionale per la Consapevolezza delle Mine e l’Assistenza per gli Effetti delle Mine e degli attivisti hanno in progetto di piantare in Libano alberi nei campi ripuliti dalle mine.

Ma con la nuova crisi umanitaria che attraversa il mondo e la svolta negativa dell’economia globale, l’aspettativa per le vittime delle mine nel sottile paese mediterraneo è in calo per il prosciugarsi dei finanziamenti.

Vittime quali Mohammed sono in lista d’attesa per protesi ortopediche, mentre le attività di sminamento sono rallentate in quanto l’esercito e le organizzazioni internazionali sono costrette a ridurre la manodopera.

“Stiamo affrontando una grave carenza di finanziamenti,” ha dichiarato il Colonnello Rolly Fares, che dirige il programma di assistenza alle vittime delle mine.

Sin dalla fine della guerra del 2006, sono state disinnescate più di 197.000 bombe a grappolo, ha affermato Fares, ma centinaia di migliaia costituiscono tuttora una minaccia per la gente del sud del Libano.

“Abbiamo bonificato circa il 52 % di un’area interessata estesa 45 chilometri quadrati, ma – ha detto - per la scarsità di denaro abbiamo un minor numero di squadre di sminamento”.

--“Sono terrorizzati dall’idea di un’altra guerra” – ha dichiarato Maha Shuman Jebahi, dell’Associazione Libanese di Assistenza agli Handicappati, la mancanza di finanziamenti ha comportato che un numero molto grande di vittime è rimasto in attesa di arti ortopedici.

“Come si fa a dire loro,” continua. “Che noi possiamo fornire assistenza psicologica, ma non siamo in grado di dare loro una gamba?”

Ma Mohammed , che è oltretutto profugo palestinese, si rifiuta di appuntare con uno spillo le sue speranze di avere un nuovo paio di gambe. Egli ritiene che in quel modo sia più facile farcela.

E’ stato curato per le sue ferite in Germania e in Malesia, ma ora, ritornato in Libano, l’adolescente in fase di sviluppo sta lottando per ottenere arti ortopedici adeguati.

“Questi non vanno bene,” ha asserito, indicando un paio di gambe artificiali appoggiate ad un angolo, con i jeans drappeggiati attorno le caviglie e scarpe da ginnastica ad entrambi i piedi. “ Fanno male e cominciano a rompersi.

“Non sono le gambe che voglio,” ha aggiunto. “Tutto ciò che voglio è una vita, un’ istruzione, una ragazza.”

Khaled Yamout, che dirige il programma di intervento riguardante le mine nel terreno per conto dell’Aiuto del Popolo Norvegese, ha detto che la sua organizzazione ha subito quest’anno una decurtazione del suo stanziamento del 25 % ed un taglio del 50 % per il prossimo anno.

“Il solo governo libanese non è in grado di provvedere a garantire la sicurezza del terreno per i civili,” ha dichiarato Yamout all’AFP. “Il peso è oltre ogni dubbio enorme.”

L’utilizzo delle bombe a grappolo in Libano da parte di Israele, risale a decenni addietro. Secondo lo Human Rights Watch (HRW), Israele ha usato tali munizioni durante la guerra civile del Libano (1975 – 1990) e poi ancora nel 2006.

Anche gli Stati Uniti, secondo lo HRW, nel 1983 sganciarono queste bombe mortali sull’esercito siriano di stanza vicino a Beirut.

Sebbene lo scorso anno lo stato ebraico abbia fornito le mappe sull’ubicazione delle bombe a grappolo e delle mine nel terreno, l’esercito libanese ha dichiarato che tali mappe sono imperfette ed incomplete.

Il mese scorso, in un’importante iniziativa, le Nazioni Unite hanno comunicato che un nuovo paese, il 30°, ha sottoscritto la convenzione internazionale sul bando delle bombe a grappolo, preparando così la strada per il documento che entrerà in vigore il 1° di agosto.

Gli Stati Uniti e Israele non sono tra i firmatari.

Ma per la gente del sud del Libano, la convenzione è in ritardo di anni ed offre poche speranze a chi vive nella paura che una nuova guerra stia aleggiando, minacciando nuove devastazioni.

Oggi il contadino settantenne Ibrahim Ramadan può fissare con lo sguardo la sua terra solo da lontano. I gruppi di assistenza lo hanno avvertito che è ancora disseminata di mine; egli teme per la sicurezza dei suoi nipoti e preferisce tenerli dentro, in casa.

Nella sua casa, nella ventosa città meridionale di Ghanduriyeh, bersagliata in malo modo durante la guerra del 2006, Ramadan ha confessato ad AFP: “Nessuno osa ora toccare questa terra, i campi sui quali noi ed i nostri antenati prima di noi, abbiamo coltivato ulivi, tabacco e frumento.”

Oggi, egli dice, le tensioni sono nuovamente elevate e la gente della sua città si sta preparando per un'altra fase di violenza.

“La popolazione è spaventata,” sostiene.” E’ atterrita del doversi avventurare entro i loro stessi campi.

“E’ terrorizzata dalla paura di un’altra guerra.”

(tradotto da mariano mingarelli)

4 commenti:

Andrea ha detto...

Curioso, davvero curioso Myriam, che condanni sempre Israele ma non spendi neanche una parola per dire che dopo 60 anni i palestinesi sono ancora rinchiusi nei campi profughi libanesi, senza diritti civili, non sono considerati libanesi, non possono nemmeno possedere una casa, un negozio, un pezzo di orto. Arabi tra arabi, odiati dagli arabi, discriminati dagli arabi: ma non essendoci ebrei da diffamare di mezzo, non merita la tua attenzione, no?

Miryam ha detto...

L'ho detto tranquillizzati e lo dico ogni volta che capita l'occasione. Ma i crimini degli altri non alleggeriscono affatto i propri.
miryam

Andrea ha detto...

Davvero? Allora non ti dispiacerà se lancio un concorso per i lettori del blog: vice chi mi sa dire quando, in questo blog, si è detto che con riferimento ai profughi palestiesi in Libano:
- per legge non possono esercitare, fuori dai campi, 72 professioni e mestieri,
- neanche durante la guerra 2006 il governo libanese ha acconsentito che i palestinesi esercitassero i mestieri a loro proibiti,
- la privazione del diritto al lavoro è la maggiora causa di povertà,
- la disoccupazione fra i profughi è all´80%,
- per ottenere un impiego salariato occorre avere il permesso di lavoro e dopo il 1982 ben pochi permessi sono stati rilasciati ai palestinesi,
- nel giugno 2005 il ministro per il lavoro Trad Haurade, vicino agli Hezbollah, ha emanato un decreto, che poi non è stato tramutato in legge, per cercare di metter mano al diritto al lavoro negato, ma non in maniera efficace. Ha ridotto solo il numero delle professioni proibite, non ha tolto il divieto ai laureati di professare, rimane l´obbligo di avere il permesso di lavoro per ottenere il lavoro salariato. Da notare che chi ottiene un lavoro salariato ha le trattenute di legge per la previdenza anche se poi, in quanto palestinese, non ne può usufruire. Il decreto non ha affrontato neanche il problema dell´acquisto di case e beni immobili. Vi sono anche differenze di retribuzione: guadagnano meno di 2400 dollari/anno il 44% dei palestinesi a fronte del 6% dei libanesi,
- che i profughi non possono avere proprietà. E´ preclusa la possibilità di migliorare le proprie condizioni andando a vivere fuori dai campi,
-che il governo libanese vuole tenere il numero di rifugiati al minimo e lo fa continuando a non garantire il diritto alla residenza. Gli accordi di Taif non permettono un insediamento permanente. Esistono progetti per demolire i campi e la minaccia è sempre alle porte,
- che chi sposa un/una cittadino/a libanese non acquisisce la cittadinanza libanese. Chi lavora all´estero perde il diritto di residenza,
- che i profughi non possono lasciare il territorio libanese o rientrare senza un visto valido per un massimo di 6 mesi che è molto costoso,
- che i profughi palestinesi sono esclusi dai servizi pubblici.

Miryam ha detto...

Grazie per aver dato una mano al mio blog con queste informazioni (che comunque sono a conoscenza di chi legge questo blog).
Peccato che tu non sia mosso da commozione per la sorte dei profughi palestinesi in Libano, ma li usi in modo strumentale.
Miryam