sabato 4 settembre 2010

Negoziati?

* TAGLIO MEDIO | di Michele Giorgio - GERUSALEMME
BARGHUTI Dal carcere israeliano
«Sono negoziati destinati a fallire»
Abu Mazen si è scoperto a Washington ancora più solo. Presidente dell'Anp, ma con un mandato scaduto da quasi due anni, leader di una Olp ormai impalpabile, con una autorità incerta su di una porzione minima della Cisgiordania, Abu Mazen entrando alla Casa Bianca ha realizzato di essersi lasciato alle spalle una opposizione interna sempre più ampia. Non ristretta ad Hamas e Jihad, ma che include la sinistra e persino una larga fetta del suo partito, al Fatah, che ha mal digerito la sua decisione di accettare un negoziato al buio, senza precondizioni, a cominciare dal blocco della colonizzazione israeliana. Nel 2000, quando partì per Camp David su pressione di Bill Clinton, l'ex presidente Yasser Arafat sapeva di avere dalla sua parte tutto Fatah e l'appoggio (critico) del suo dirigente più popolare, Marwan Barghuti. Abu Mazen dopo dieci anni invece sa di averlo contro.
«I negoziati in corso tra Anp e Israele sono destinati al fallimento», ha previsto Barghuti rispondendo alle domande del giornale al-Hayat dalla prigione israeliana dove si trova dal 2002. «In linea di principio non sono contrario alle trattative (con Israele) - ha precisato il dirigente di Fatah - ma i palestinesi in questo caso le hanno accettate solo per le pressioni giunte dall'esterno». «Abu Mazen» ha aggiunto Barghuti, «ha ripreso i colloqui anche su insistenza dei paesi arabi, non perché sia convinto della concretezza dell'iniziativa». «Queste trattative falliranno - ha concluso - così come è avvenuto in passato, perchè Israele non ha intenzione di arrivare alla pace e non rispetterà gli impegni». Ma a soffiare sul fuoco del dissenso in Fatah è anche Mohammed Dahlan, che pure è stato per molti anni il punto di riferimento principale di Stati Uniti e Israele all'interno dell'Anp. «Quel che accadrà a Washington sarà una replica di Annapolis (novembre 2007), ossia negoziati senza esito alcuno», sostiene in una intervista al quotidiano al Sharq al Awsat Mohammad Dahlan, ora responsabile per l'informazione di Fatah e membro del suo Comitato centrale. Dahlan non è un esempio di integrità, molti palestinesi (non solo di Hamas) lo tengono a distanza, ma di diplomazia fatta dietro le quinte se ne intende. Perciò non esita nel definire «prive di valore» le garanzie «verbali» che Abu Mazen avrebbe ricevuto da Barack Obama. Più di tutto nell'intervista Dahlan - che cacciato via da Gaza da Hamas nel 2007, ha ricostruito la sua base di consenso in Cisgiordania - afferma perentorio che Fatah «non permetterà a nessuno di firmare un accordo che non soddisfi tutti i diritti del popolo palestinese così come erano stati stabiliti prima di Camp David», ossia «uno Stato palestinese entro le linee armistiziali del 1967 (antecedenti alla «Guerra del Sei Giorni», ndr) e sul cento per cento dei Territori occupati, Gerusalemme Est sotto sovranità palestinese e il ritorno dei profughi».
Dahlan è mosso anche da interessi personali e da una rivalità sempre più accesa con Abu Mazen ma le sue parole sono largamente condivise in Fatah ed inoltre coincidono con le posizioni della sinistra. L'altra sera centinaia di attivisti del Fronte popolare e del Fronte Democratico hanno manifestato nelle strade di Ramallah. «Gran parte dei palestinesi contestano queste trattative - dice la deputata del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) Khalida Jarrar - ed è stato un grave errore accettarle senza prima ottenere garanzie internazionali scritte». Secondo Khalida Jarrar «Abu Mazen e altri esponenti politici palestinesi non hanno imparato nulla dagli errori del passato». Israele, afferma la parlamentare, «ha usato le trattative, dal 1991 a oggi, per attuare la sua politica fatta di colonizzazione e di azioni unilaterali sul terreno, con il consenso aperto degli Stati Uniti e quello tacito di molti governi occidentali». Partiti e movimenti dell'opposizione palestinese hanno creato una «commissione nazionale» incaricata di organizzare le prossime manifestazioni di protesta, se l'Anp ne permetterà lo svolgimento. Tre giorni fa un dibattito pubblico sui negoziati con Israele, organizzato dal Fplp, è stato impedito con la forza dai servizi di sicurezza dell'Anp.

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