mercoledì 1 febbraio 2012

ARABIA SAUDITA E QATAR FULGIDI “ESEMPI” DI DEMOCRAZIA

I regnanti a Riyadh e Doha negano diritti e liberta' fondamentali ai loro sudditi. Le loro violazioni abbondano nei rapporti delle organizzazioni per i diritti umani ma si affannano in ogni sede per "portare la democrazia" ai siriani.

MICHELE GIORGIO

Roma, 01 febbraio 2012, Nena News (nella foto da sinistra lo sceicco qatariota al Thani e il re saudita Abdallah) – Che in Siria vengano violati diritti umani e libertà fondamentali non è un una novità. Tristemente note sono le prigioni del regime, dove non pochi detenuti politici sono spariti senza lasciare traccia. Per repressione e violenza Riyadh e Doha non sono lontane da Damasco, eppure guidano il lungo elenco di paesi che chiedono «democrazia e diritti per i siriani».

Da decenni il mondo chiude gli occhi davanti a ciò che accade in Arabia saudita, ricca di petrolio e alleata strategica degli Stati uniti. Eppure è sufficiente leggere i rapporti di Amnesty international per rendersi conto che il regno dei Saud non ha titoli per invocare la democrazia a casa degli altri.

Amnesty riferisce che Riyadh ha inasprito la repressione con l’intento di ridurre al silenzio le richieste di cambiamento e mette in rilievo come la monarchia Saud tenga in carcere migliaia di persone, molte delle quali senza accusa né processo. La tortura e i maltrattamenti durante la detenzione continuano a essere ricorrenti. La repressione si accanisce in particolare contro i sauditi sciiti che a Qatif, al-Ahsa e Awwamiya, nell’est del paese, manifestano pacificamente contro la monarchia. Senza dimenticare che la scorsa primavera i Saud hanno inviato truppe a reprimere le proteste per la democrazia e le riforme nel Bahrain dell’alleato re Hamad al Khalifa. Nel 2009 le forze armate saudite erano entrate nel nord Yemen per colpire i ribelli Huthi (sciiti), causando morti e feriti anche tra i civili.

In Arabia saudita è vietato fondare un partito politico, la società civile è sistematicamente colpita, le donne non godono di diritti fondamentali e non possono guidare l’auto. Lo scorso novembre 16 sauditi, tra cui nove noti riformatori, sono stati condannati a pene varianti dai cinque ai 30 anni di carcere. Le fustigazioni sono la regola. A Jubail una ragazza di 13 anni è stata condannata a 90 frustate e 2 mesi di reclusione per essersi ribellata ad un’insegnante. Cinque anni di carcere e 500 frustrate invece per un uomo condannato perché omosessuale. In Arabia saudita il boia è sempre molto impegnato e tra coloro che si trovano nel braccio della morte ci sono anche condannati per apostasia e stregoneria. Questo regno «esempio» di democrazia e tolleranza, sceso in campo per portare la libertà alla Siria, inoltre ospita lo sceicco siriano Adnan al Arour. Una delle voci della protesta contro Assad, al Arour è noto per aver incitato – dai microfoni di Wisal Tv e Safa Tv – i sunniti siriani a «fare a pezzi, a tritare e a dare in pasto ai cani» coloro che appaiono come sostenitori del regime, tra cui i cristiani. (http://www.youtube.com/watch?v=h3lhyT3602Y&feature=related). Eppure la televisione satellitare saudita al Arabiya, in prima linea contro Assad, lo descrive come un «sunnita moderato», una «figura simbolica» per gli attivisti anti-Assad, un uomo che lancia inviti «pacifici e non violenti» all’insurrezione.

Anche il Qatar occupa spazio nei rapporti delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani. Amnesty denuncia che nel regno dello sceicco Hamad bin Khalifa al-Thani, promotore l’anno scorso dell’intervento internazionale armato contro il regime di Gheddafi e ora schierato contro Assad, le donne continuano a subire discriminazioni e violenze, i lavoratori migranti vengono sfruttati e abusati e almeno 21 persone sono state condannate alla fustigazione per aver avuto «rapporti sessuali illeciti» o per consumo di alcol.

Vicende singolarmente ignorate dalla notissima tv qatariota al Jazeera.
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