venerdì 3 febbraio 2012

IN PIAZZA TAHRIR CONTRO VIOLENZA PIANIFICATA

EGITTO. Strage di Port Said: in migliaia oggi si riuniranno in Piazza Tahrir contro gli strateghi della tensione che vogliono tenere i militari al potere. La scorsa notte due morti a Suez e scontri al Cairo

PAOLO GERBAUDO*

Il Cairo, 03 febbraio 2012, Nena News – Gas lacrimogeni, idranti, pallottole di gomma. Nell’anniversario della «battaglia dei cammelli», in cui gli sgherri del regime di Mubarak a dorso di asini e cammelli cercarono inutilmente di scacciare i manifestanti da Tahrir, ieri il centro del Cairo è stato di nuovo un campo di battaglia. Ambulanze e moto facevano la spola tra la zona degli scontri e gli ospedali trasportano centinaia di feriti. «Dobbiamo vendicare I nostri compagni», gridavano gruppi gli ultras cercando di farsi strada verso il ministero dell’interno con lanci di pietre e bombe molotov. «Morte a Tantawi, morte alla giunta militare».

Dopo il massacro di mercoledì sera, con 77 tifosi dell’Al-Ahly, una delle squadre della capitale, rimasti uccisi e 1000 feriti dopo una partita contro al-Masry, la squadra della città di Port Said, all’imbocco mediterraneo del canale di Suez, è arrivato il giorno della vendetta contro il regime considerato complice nelle violenze. Gruppi di ultras si sono riuniti già nel primo pomeriggio di ieri di fronte alla sede dell’al-Ahly e si sono poi diretti verso piazza Tahrir. A loro si sono uniti i supporters della squadra arci-rivale dello Zamalek, che durante la rivoluzione e nei mesi successivi sono spesso scesi in piazza con gli ultras dell’al-Ahly, per fronteggiare il comune nemico: le forze di sicurezza.

Verso il tardo pomeriggio la folla ha cominciato ad ingrossarsi su Falaky square, una piazza a 200 metri di distanza da Tahrir. Da lì i tifosi hanno rimosso il filo spinato eretto sulla strada che da Falaky porta alla zona ormai completamente militarizzata del ministero degli interni.

Nel frattempo gruppi di ultras si sono adoperati per rimuovere blocco dopo blocco il muro di cemento eretto sulla vicina via Mohammed Mahmoud eretto dopo gli scontri di novembre in cui morirono oltre 70 manifestanti. Attorno alle 6 ora egiziana sono cominciati gli scontri. La polizia ha cominciato a sparare a catena gas lacrimogeni che hanno invaso tutto il centro del Cairo. Nella tarda serata si parlava di diversi morti e centinaia di feriti.

«Hanno ucciso 5 miei amici» – urla Abdallah, ultras 26enne dell’al-Ahly e veterano della rivoluzione di un anno. «A fare il massacro sono state le milizie della giunta militare che hanno infiltrato la tifoseria del Masry», afferma. «Così si sono vendicati perché nelle ultime due settimane a tutte le partite scandivamo slogan contro la giunta militare. Ma adesso gliela faremo pagare».

Sono in molti ad essere convinti come Abdallaha che dietro il massacro di mercoledì sera a Port Said ci sia la lunga mano della giunta militare. Certo tra I tifosi dell’Al-Ahly e del Masry non era mai corso buon sangue. Ma la dimensione della strage lascia pensare che gli incidenti del dopo-partita siano stati un’imboscata ordita dall’esercito.

La partita vinta dal Masry per 3 a 1 era appena finita quando verso le 10 di sera di mercoledì migliaia di tifosi della squadra locale si sono riversati sul terreno di gioco. I giocatori dell’al-Ahly sono dovuti correre negli spogliatoi per evitare il linciaggio. Ma per gli ultras della squadra più forte di tutta l’Africa con un seguito di 50 milioni di tifosi non c’è stato scampo. Hanno cercato di fuggire attraverso le uscite di sicurezza dello stadio, ma in più occasioni hanno trovato porte sbarrate e chiuse con catenacci. Alcuni sono morti sotto colpi di bastone e di coltello. Ma la maggior parte sono rimasti stritolati nella calca. La polizia anti-sommossa che pure era schierata in massa sul campo non ha mosso un dito, lasciando via libera all’assalto furioso dei tifosi del Masry.

La giunta militare si è affrettata a condannare l’episodio imputandolo come suo solito a «forze oscure che minacciano la stabilità del paese». Il maresciallo Tantawi che presiede la giunta militare che di fatto governa il paese dopo la caduta di Mubarak è andato a ricevere tifosi e giocatori feriti trasportati al Cairo con aerei militari. 51 sospetti sarebbero stati arrestati. Ma certo questo non basta a calmare gli animi anche visto che le dimissioni del governatore di Port Said e dei responsabili locali delle forze di sicurezza annunciate in un primo momento, sono state presto ritirate.

Ora i militari se la devono vedere non solo con i manifestanti che in queste ore stanno dando battaglia alle forze di sicurezza ma anche con Hurreya wa Adala il partito dei fratelli musulmani. Nonostante mercoledì pomerggio i suoi militanti si fossero scontrati con i manifestanti di Tahrir, ieri i Fratelli hanno deciso di schierarsi con la piazza. Il vice-presidente del partito Essam El-Erian ha imputato il massacro a «esponenti del regime di Mubarak». In molti pensano che l’evento, inssieme ad una serie di episodi di violenza avvenuti negli ultimi giorni, sia parte di una strategia della tensione usata dalla giunta militare per giustificare la propria permanenza al potere.

*Questo articolo di Paolo Gerbaudo è stato pubblicato il 3 febbraio 2012 dal quotidiano Il Manifesto

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