sabato 25 febbraio 2012

GIOVANE PALESTINESE UCCISO ALLE PORTE DI GERUSALEMME, TENSIONE A HEBRON

GIOVANE PALESTINESE UCCISO ALLE PORTE DI GERUSALEMME, TENSIONE A HEBRON
Talat Ramia, 25 anni, e' stato colpito in pieno petto da un colpo esploso dai soldati israeliani a Qalandia, tra Ramallah e Gerusalemme. Ieri a Hebron mano pesante dell'esercito contro dimostranti

MICHELE GIORGIO

Gerusalemme, 25 feb 2012, Nena News (nella foto di Maannews, il vano tentativo di salvare Talat Ramia) – Un giovane ucciso a Kalandia. Le due città sante della Palestina in fiamme. I territori palestinesi e l’occupazione israeoliana tornano in primo piano. Talat Ramia, 25 anni, colpito ieri in pieno petto da un proiettile sparato dai soldati al valico di Kalandia, tra Ramallah e Gerusalemme, si è spento in ospedale. I medici hanno fatto il possibile per rianimarlo ma non sono riusciti a salvarlo. Scontri seguiti a quelli violenti, con 35 palestinesi (e alcuni poliziotti israeliani) feriti, divampati sulla spianata della moschea di al Aqsa a Gerusalemme al termine della preghiera islamica. A Hebron, la città dei Patriarchi, soldati e guardie di frontiera hanno disperso con una pioggia di lacrimogeni e granate assordanti, due cortei organizzati in occasione della giornata di lotta per la riapertura di Shuhada street, la più importante via di comunicazione all’interno della città vecchia di Hebron, chiusa dall’esercito israeliano nel 2000.

Causa dell’impennata di tensione a Gerusalemme, sono i ripetuti proclami dell’ala più estrema del Likud, il partito del premier israeliano Netanyahu, e della destra ultranazionalista sull’imminenza di «perlustrazioni» nel recinto di al Aqsa e della moschea della Roccia, in vista della ricostruzione del tempio ebraico in quel sito. Proclami, perlustrazioni e «passeggiate» della destra non sono una novità nella storia recente della Spianata di al Aqsa. E le conseguenze di queste provocazioni sono state sempre gravi. Nel 1990 l’annuncio da parte di Gershon Solomon, leader dei “Fedeli del Monte del Tempio”, della posa della prima pietra del nuovo Tempio, provocò proteste che la polizia spense nel sangue: una ventina i palestinesi uccisi. Nel settembre 2000 la «passeggiata» tra le due moschee dell’ex primo ministro israeliano Ariel Sharon, all’epoca capo dell’opposizione, con il suo drammatico bilancio di morti e feriti, innescò la seconda Intifada palestinese. Ora un dirigente del Likud, Moshe Feiglin, una icona del movimento dei coloni, chiede che Israele prenda il pieno controllo della spianata di al Aqsa amministrata dal Waqf islamico.

A Hebron, città della Tomba dei Patriarchi/Moschea di Ibrahim, divisa in due parti, H1 e H2, dagli accordi firmati da Netanyahu e l’ex presidente palestinese Yasser Arafat, il clima è sempre più irrespirabile. In particolare nella zona H2, dove 500-600 coloni israeliani ultranazionalisti si sono insediati tra oltre 20mila abitanti palestinesi. Poche centinaia di persone che, protette dalle forze armate, impongono la loro volontà ai vicini palestinesi. L’impossibilità di condurre una vita normale ha indotto molti residenti arabi ad andare via, gli altri vivono nascosti. Una condizione ben rappresentata dalla casbah semideserta e soprattutto da via Shuhada. Un tempo questa era un’arteria cittadina piena di vita, di negozi e di botteghe artigiane. Ospitava la stazione dei bus e quella dei taxi, il mercato della frutta e un antico bagno turco. Ora non c’è quasi più nulla. Resistono solo le scuole. A chiedere la chiusura di via Shuhada sono stati «per ragioni di sicurezza» i coloni che vivono nei sei insediamenti vicini alla strada.

Nel 2010 i comitati popolari di Hebron, in accordo con gruppi di solidarietà internazionali e israeliani, hanno proclamato il 25 febbraio – 18esimo anniversario del massacro di 30 palestinesi nella Tomba dei Patriarchi da parte del colono Baruch Goldstein – giornata di lotta per la riapertura di Shuhada Street e per il libero movimento dei palestinesi ad Hebron. E in città nell’ultima settimana si sono tenute iniziative e dibattiti. Due cortei, con centinaia di attivisti giunti anche dall’estero e da Israele, ieri hanno provato a raggiungere via Shuhada per chiederne la riapertura. Ad accoglierli però hanno trovato i reparti antisommossa della guardia di frontiera e soldati che hanno lanciato decine di granate assordati e candelotti lacrimogeni e non hanno mancato di spruzzare con acqua dall’odore nauseabondo i manifestanti. Ad un certo punto un altoparlante dell’esercito ha persino annunciato, in lingua inglese, il tipo di armi «non letali» che sarebbero state usate per disperdere la manifestazione. Una decina di attivisti sono rimasti feriti in modo leggero. Altri sono stati portati via dalle ambulanze. Nena News

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