giovedì 3 giugno 2010

Che fine fanno gli aiuti?

CHE FINE FANNO GLI AIUTI A BORDO DELLA "FREEDOM FLOTILLA"?

“Sono sinceramente stupito per le dichiarazioni lette sulla stampa internazionale, secondo cui Israele si farà carico di consegnare alla popolazione palestinese gli aiuti umanitari che si trovano a bordo delle imbarcazioni della ‘Freedom Flotilla', dato che per tre anni ci hanno impedito di consegnare cibo e medicine alle famiglie palestinesi”. Chris Gunness, portavoce dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) non nasconde lo stupore nel riferire alla MISNA le informazioni relative al carico di aiuti contenuto nelle stive delle navi attaccate dalla Marina israeliana nella notte tra Domenica e Lunedì. “Da quando, oltre tre anni fa, è iniziato l’embargo totale da parte di Israele sulla Striscia di Gaza – afferma Gunness – abbiamo avuto problemi infiniti anche a far passare i nostri stessi camion. Carichi di materiali per l’edilizia, medicinali e beni di uso comune sono rimasti bloccati per settimane ai valichi. E adesso sostengono che distribuiranno le oltre 10.000 tonnellate di aiuti contenuti nelle stive delle navi?”. Per quanto riguarda l’attuale carico di aiuti “non ci sono informazioni di alcun genere - dice alla MISNA Mary Hughes, portavoce dell’organizzazione pacifista 'Free Gaza' - Posso dirle che a Giugno dello scorso anno, quando la Marina israeliana intercettò due delle nostre navi contro l'embargo, né le imbarcazioni né il loro carico ci sono mai stati restituiti”. All’indomani dell’attacco, avvenuto in acque internazionali, e che ha provocato almeno 10 morti secondo stime non confermate - a distanza di 36 ore dall’episodio in una forma di censura senza precedenti - le informazioni sulla sorte degli attivisti, feriti, arrestati e rimpatriati dalle autorità militari sono ancora sommarie e confuse. “Ovviamente, come tutti, siamo preoccupati per le condizioni di salute delle persone che si trovavano a bordo, prosegue Gunnes – ma l’interesse per la sorte degli aiuti c’è, poiché noi sappiamo di quanto ne abbiano bisogno i civili”. Negli ultimi tre anni, dal Giugno 2007, la distribuzione di aiuti, cibo, medicine, e prodotti essenziali per la popolazione di Gaza è stata fatta filtrare “con il contagocce” secondo le recenti dichiarazioni del Commissario Unrwa Filippo Grandi, “con un sistema che non garantisce alla popolazioni le condizioni minime per la sopravvivenza”. Oltre ai medicinali, le organizzazioni umanitarie denunciano il divieto di importare beni come la frutta sciroppata, i succhi di frutta, cioccolato, lampadine, candele, fiammiferi, strumenti musicali, materassi, coperte, shampoo e balsamo per capelli. A questo si devono aggiungere i carburanti (cherosene, benzina, petrolio) e i materiali edili che avrebbero permesso la ricostruzione delle case e dei palazzi distrutti durante l’offensiva ‘Piombo Fuso’ di un anno e mezzo fa, che causò la morte di oltre 1400 palestinesi. “L’economia del territorio è stata strangolata dall’assedio e su una popolazione di un milione e mezzo di persone oltre 300.000 vivono in condizioni di povertà degradante” aggiunge Gunness. Molte famiglie, in questi anni, sono sopravvissute anche grazie ai prodotti contrabbandati a Gaza attraverso i tunnel sotterranei scavati alla frontiera con l’Egitto che, di fatto, sostiene l’embargo mantenendo chiuso il confine con il territorio palestinese. E proprio in queste ore il governo del Cairo ha autorizzato un’apertura del valico di Rafah, unico punto di passaggio non controllato da Israele, per il passaggio di aiuti umanitari e di malati che necessitano cure. Intanto, dalla Striscia, alcuni esponenti di Hamas hanno affermato che finché Israele non libererà gli attivisti detenuti nel porto di Ashdod “non sarà accettata la consegna degli aiuti a bordo delle loro navi”.[AdLCHE FINE FANNO GLI AIUTI A BORDO DELLA "FREEDOM FLOTILLA"?

1 commento:

Andrea ha detto...

Gli aiuti presenti nelle navi sono modici, corrispondono a 25 camion. Ogni giorno ne arrivano più di 100 via terra!