venerdì 4 giugno 2010

iL MASSACRO NON E' STATO UN ERRORE

di Ahmad Amr*


Il premeditato massacro israeliano di attivisti non è stato un errore

Se ci pensate, l’assassinio calcolato, da parte di Israele, di attivisti per la pace impegnati in una missione volta a rompere l’assedio di Gaza ha perfettamente senso. Molti osservatori erano rimasti sconcertati da come il governo Netanyahu aveva gonfiato l’importanza della Flottiglia per la libertà di Gaza, che intendeva fornire aiuti umanitari vitali per il più grande campo di concentramento del mondo, ma aveva anche la secondaria missione di pubblicizzare l’assedio brutale e illegale di Gaza. Ad osservatori occasionali, sembrava che l’atteggiamento belligerante di Israele stesse amplificando l’attenzione dei media internazionali nei confronti della flottiglia. Sembrava così controproducente che gli israeliani dessero ai pacifisti un megafono così potente.

L’unica scusa che Netanyahu e Lieberman potevano accampare per la loro apparentemente irrazionale ossessione nei confronti di queste navi di approvvigionamento era che i pacifisti a bordo stavano delegittimando Israele. Gli israeliani non potevano usare i soliti argomenti legati alla ’sicurezza’ a proposito di presunte minacce terroristiche – non era possibile, con così tanti parlamentari europei e attivisti inermi a bordo. Così essi hanno inventato una nuova categoria di criminali di cui nessuno aveva mai sentito parlare prima – i delegittimatori.

La flottiglia era in acque internazionali, quando è stata aggredita – a ben 70 miglia dalla sua destinazione. L’incursione è avvenuta prima dell’alba e, in un’operazione di questo genere, l’oscurità moltiplica il rischio di provocare vittime inutili. Ben pochi giornalisti erano a bordo, e il buio offriva agli israeliani un velo per scongiurare che eventuali telecamere potessero documentare in modo chiaro che la violenza era premeditata.

Evidenti considerazioni suggeriscono che questa incursione israeliana era pianificata, con un tempismo perfetto, ed ha raggiunto l’obiettivo desiderato – far fallire l’incontro di Netanyahu con Obama. Cos’altro spiegherebbe questa fretta? C’era un conto alla rovescia a cui bisognava far fronte? La risposta è sì. Solo poche ore preziose rimanevano a Netanyahu per sottrarsi a un appuntamento alla Casa Bianca. Ciò potrebbe aiutare a spiegare lo sguardo compiaciuto sul volto di Netanyahu quando ha annunciato la cancellazione della visita.

L’incontro in programma alla Casa Bianca non era un normale tête-à-tête. Era un evento ben orchestrato. Una settimana prima, Obama aveva inviato Rahm Emanuel a Gerusalemme per lusingare Netanyahu. Secondo quanto riferito, il Primo Ministro israeliano aveva ricevuto “inequivocabili rassicurazioni ” da parte del presidente degli Stati Uniti che l’accettazione di colloqui su un Medio Oriente privo di armi nucleari non avrebbe messo in pericolo lo Stato ebraico. Le rassicurazioni includevano un significativo miglioramento delle capacità strategiche e di dissuasione di Israele, e una promessa che non sarebbe stata adottata nessuna risoluzione ONU che potesse danneggiare gli ‘interessi vitali’ di Israele. Si può presumere che le promesse di Obama includessero un’amnistia generalizzata per i crimini di guerra commessi lo scorso anno a Gaza. Come ulteriore bonus, Netanyahu ha fatto tappa in Europa per sancire ufficialmente l’ingresso di Tel Aviv nell’OCSE – cosa che fa di Israele l’unico Paese ricco al mondo a ricevere generosi aiuti americani.

Certo, Obama e gli europei si aspettavano un po’ di reciprocità, e un atteggiamento più flessibile da parte israeliana nei colloqui di prossimità con i palestinesi. Toccava ora a Netanyahu cedere su qualcosa. Sulla stampa si parlava di un “banchetto nuziale” in cui un “nuovo e migliorato” Netanyahu avrebbe fatto la propria comparsa dichiarando di essere disposto a compiere alcune scelte difficili per porre fine all’interminabile conflitto. Il Primo Ministro israeliano che si era opposto a Camp David, agli accordi di Oslo e al ritiro da Gaza era sotto pressione perché tenesse fede agli impegni.

Sabotare le iniziative di pace è qualcosa in cui gli israeliani eccellono, e Netanyahu è un esperto professionista di ostruzionismo. Non dimentichiamo poi che egli si è assicurato la posizione di Primo Ministro mettendo insieme la coalizione più di destra della storia israeliana. Egli guida un governo che è composto da partiti che sostengono i coloni, e da aperti sostenitori dell’espulsione dei palestinesi. Congelare gli insediamenti, ritirarsi dalla Cisgiordania, o fare qualsiasi tipo di concessioni su Gerusalemme Est farebbe cadere il suo governo.

Netanyahu non aveva molta scelta. Vi era un imperativo strategico di creare una crisi per giustificare l’annullamento dell’incontro con Obama. Uccidere pacifisti in mare aperto era una manovra ad alto rischio, ed aveva un costo ben calibrato. Ma prima di tutto dissipiamo le voci secondo cui Israele sarebbe mai stata interessata alla sua reputazione internazionale. Si noti che è stato Netanyahu che ha annullato l’appuntamento alla Casa Bianca. Perché questa fretta di tornare in Israele? Esisteva forse modo migliore, per contenere i danni, di quello di fare alcune concessioni a Washington davanti alle adulanti telecamere della filo-israeliana CNN? Ma la Casa Bianca era l’ultimo posto in cui il Primo Ministro israeliano sarebbe voluto essere. E se tutto ciò di cui c’era bisogno era un atto di pirateria e un massacro in alto mare, si trattava di un prezzo che Netanyahu era disposto a pagare.

Israele ha un passato consolidato nella pianificazione ed esecuzione di atrocità premeditate. Gli israeliani hanno preso di mira aerei passeggeri libici nel cielo e bombardato a tappeto Gaza, il sud del Libano, e Beirut. Si può proseguire la lista con le infami stragi di Sabra e Shatila, Jenin, Deir Yassin, Qibya, e di un centinaio di altri luoghi dove sono stati massacrati degli innocenti. A parte l’attacco alla Liberty, l’unica cosa che distingue quest’ultimo crimine di guerra è il fatto che le vittime non erano palestinesi o arabi. Con l’aiuto della lobby ebraica e dei suoi ben piazzati partigiani a FOX news e alla CNN, Israele riesce sempre a pulire le macchie di sangue incriminatrici dalle proprie vesti e ad apparire miracolosamente come perpetua vittima.

Chiunque abbia un po’ di cervello dovrebbe essere in grado di capire che quest’ultima atrocità israeliana è stata premeditata. Netanyahu pagherà un prezzo, perché ci sarà un prezzo da pagare, ma sarà pagabile a breve termine. Obama potrebbe capire o meno di “aver dato via il negozio” e di essersene andato a mani vuote, ma con le elezioni di medio termine all’orizzonte, dovrà ancora proteggere i leader israeliani dal rischio di dover rendere conto dei loro crimini di guerra. I rapporti con la Turchia saranno tesi, e alcuni ministri degli Esteri europei saranno furiosi. Gli Stati Uniti non ebbero problemi a capire come reagire all’atto di pirateria dell’Achille Lauro, ma tutto ciò a cui possono fare ricorso in risposta a quest’ultimo atto di terrorismo di stato da parte israeliana è una benigna dichiarazione di “preoccupazione”. Washington potrebbe perfino trovare il coraggio di chiedere agli israeliani di condurre un’inchiesta. Israele sarà ostracizzata per qualche settimana, ma Netanyahu avrà raggiunto il suo obiettivo di far deragliare ancora un’altra iniziativa di pace e di avere ulteriore tempo a disposizione per continuare a costruire insediamenti e ad espropriare i palestinesi del loro suolo natio.

(Traduzione a cura di Medarabnews)

Articolo originale

*Ahmad Amr, ex direttore di NileMedia.com, è autore di “The Sheep and The GuardIAN

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